2014-12-17 12:50:00

Natale in Siria tra paura e speranza


“La tribolazione di oggi ci permette di dare al Natale il suo vero valore: testimoniare la fede in Cristo fino alla morte. Lo diciamo anche ai nostri fratelli in Occidente. È anche per loro, infatti, che offriamo le nostre sofferenze”. A parlare è il francescano Hanna Jallouf, siriano, 62 anni, parroco del villaggio siriano di Knayeh, nella valle dell’Oronte, vicino al confine con la Turchia. Una zona da tempo sotto il controllo dei jihadisti di Jabhat al-Nusra che si sono macchiati di violenze, vessazioni e soprusi ai danni della minoranza cristiana. Parole che acquistano un ulteriore significato alla luce dell’esperienza personale del religioso, sequestrato con altre persone lo scorso ottobre dai miliziani della fazione jihadista Jabhat al-Nusra, braccio siriano di al Qaeda, e dopo qualche giorno rilasciato.

La celebrazione del Natale
In un’intervista all'agenzia Sir il religioso ripercorre quella vicenda e racconta come sarà il prossimo Natale nella parrocchia di san Giuseppe. “Da giorni - rivela il parroco - i nostri fedeli hanno cominciato a pulire le case, a preparare qualche dolce, per quel che si può, e rendere dignitosa la festa”. Le Messe si celebrano solo all’interno della chiesa. “Non possiamo uscire fuori dalla chiesa - dice il parroco -, a Natale non possiamo abbellire l’esterno della chiesa, fare il presepe e l’albero. Ma questo non ci impedirà di riunirci il 24 dicembre”. “La nostra Messa di mezzanotte la celebreremo il pomeriggio per motivi di sicurezza. Mancheranno le luminarie, ma non fa nulla. In chiesa avremo un piccolo presepe, fatto solo di una piccola culla per deporre il Re della pace”.

Nel villaggio la situazione è grave
“Ci hanno portato via le terre, le nostre case, abbiamo subito espropri. Io sono stato imprigionato - ricorda il parroco - insieme ad altre sedici persone del mio villaggio. Non ci hanno lasciato nulla, hanno portato via tutto - spiega il francescano parlando dei miliziani islamisti - una cosa orribile”. “Sopravviviamo perché vogliamo dire ai fondamentalisti che siamo cristiani e lo resteremo fino alla morte”, ribadisce padre Jallouf, che non lamenta problemi “con la popolazione locale con cui viviamo in pace. Abbiamo paura di questi fondamentalisti venuti da fuori che non conoscono la nostra tradizione di convivenza. Hanno provato a convertirci ma senza successo”. “Nella Messa di Natale alla mia comunità dirò che Cristo è la pace e solo da lui viene questo dono. Da Lui il coraggio e la forza per sostenere tanta sofferenza. Alla mia gente dirò, ancora una volta, di testimoniare pace, gioia e unità. Perché ne siamo certi: la Siria vedrà ancora il sole sorgere. La notte sta passando e una nuova alba è vicina”. (A cura di Daniele Rocchi)








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