2014-12-21 10:30:00

Biblioteca Vaticana "in uscita": accordi con Cina, Cuba e Serbia


Diplomazia vaticana, ecumenismo e nuova evangelizzazione passano anche attraverso la cultura, soprattutto quella legata al libro. Ne è sempre più convinto mons. Jean-Louis Bruguès, bibliotecario di Santa Romana Chiesa e archivista dell’Archivio Segreto Vaticano, reduce da importanti missioni in diversi Paesi del mondo per sancire intese ed accordi di cooperazione con numerose biblioteche di Stato, tra cui quelle di Cina e Cuba. Ultimo, in ordine di tempo, il protocollo firmato con la Biblioteca Nazionale Serba che prevede lo scambio di pubblicazioni, conoscenze e competenze nel campo della raccolta, memorizzazione, elaborazione e protezione dei materiali librari. Un’opportunità considerata storica anche per consolidare i rapporti tra governo serbo e Santa Sede e tra la Chiesa ortodossa e quella cattolica, minoranza nel Paese. L’intervista a mons. Jean-Louis Bruguès e di Federico Piana:

R. – Il primo motivo: bisogna ricordarsi che durante la guerra Hitler ha comandato di bruciare la Biblioteca Nazionale e bruciare una biblioteca è come bruciare una memoria, cancellare una memoria. Dunque il Paese intero aveva perso la sua memoria! Hanno allora chiesto alla Biblioteca Vaticana di recuperare qualcosa, alcuni pezzi che noi avevamo del loro passato e quindi dell’identità propria del Paese. La Chiesa locale dominante è una Chiesa ortodossa e dunque noi abbiamo avuto un rapporto politico-umanistico con la biblioteca nazionale e un rapporto ecumenico con il Patriarcato. Questo è stato – secondo me – un fatto anche molto positivo per la piccolissima Chiesa cattolica che esiste in Serbia: abbiamo creato una vetrina per la Chiesa cattolica, dando a questa piccola Chiesa più credibilità, più visibilità.

D. – La Biblioteca può giocare un ruolo primario nella partita anche diplomatica ed ecumenica?

R. – La cultura, pian piano, sta giocando un ruolo centrale nella politica: non solo la politica tra gli Stati, ma anche la politica interna di una nazione. Il Papa Benedetto XVI aveva spiegato che la nuova evangelizzazione passa dalla cultura. Questa importante Biblioteca Nazionale ha chiesto alla nostra Biblioteca Vaticana un rapporto di patrocinio. Lo abbiamo fatto a Belgrado, ma anche in Bulgaria e da poco tempo con alcuni Paesi latinoamericani: Costa Rica, Cuba, Colombia e Cile. Questi Paesi, con motivi diversi, vogliono sviluppare una politica culturale nella quale la Biblioteca Nazionale potrebbe giocare un ruolo molto importante. Questi Paesi non hanno però una tradizione di cultura della memoria, non hanno potuto creare biblioteche o archivi ricchi e dunque chiedono alla Biblioteca del Vaticano un patrocino tale che la Biblioteca del Vaticano possa diventare per loro una madre della cultura.

D. – Per quanto riguarda la Cina, c’è questa grande possibilità: lei pensa che possa essere un modo per riuscire a normalizzare – tra virgolette – i rapporti tra Santa Sede e Cina?

R. – Con la Cina o meglio con tutta l’Asia bisogna procedere con una politica di piccoli passi, si direbbe in francese “des petits pas”: l’attuale governo cinese ha saputo che la Biblioteca del Vaticano aveva 1.200 manoscritti cinesi antichi, dell’ultima Dinastia. Dunque ci hanno chiesto di digitalizzare questi manoscritti e quando si sono presentati da me, ho messo due condizioni: la prima, che loro pagassero naturalmente il costo della digitalizzazione; e la seconda, che organizzassero a Pechino una mostra comune tra la Santa Sede e la Cina comunista, nonostante l’assenza di relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Mi hanno lasciato alcuni mesi senza risposta e adesso mi hanno detto che non solo possono organizzare una mostra a Pechino, ma anche nelle principali città universitarie del Paese. Questo accadrà nel 2017. Secondo me, queste mostre – adesso sono diverse mostre – potrebbero costituire una prima piccola tappa verso il mutuo riconoscimento diplomatico.








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