2014-12-20 14:00:00

Monito di Obama alla Nord Corea dopo cyber-attacco alla Sony


Gli Stati Uniti hanno promesso che non resterà impunito l’attacco informatico subito da Sony Pictures, secondo l’Fbi,  per mano della Corea del Nord che nega invece ogni coinvolgimento e promette reazioni dure se verranno presi provvedimenti. Gli Usa si sono detti pronti a reinserire Pyongyang nella lista nera del terrorismo. L’azione degli hacker sarebbe, secondo le accuse, una ritorsione per la distribuzione del film satirico “The Interview” sul dittatore nordocoreano Kim Jong-un. “Nessuno ci imporrà la censura” ha dichiarato Obama, criticando anche la decisione della Sony di togliere la pellicola dal mercato. Francesca Manenti, responsabile del settore “asia” del Centro Studi Internazionali, spiega al microfono di Paola Simonetti, perché sia credibile che Pyongyang possa aver utilizzato pirati informatici come strumento di minaccia:

R. – Il regime della Corea del Nord cerca di sfruttare quelle che sono le proprie potenzialità: all’interno, quindi, ha una grande disponibilità di massa popolare a disposizione di quelli che sono gli ordini del governo; la capacità, quindi, di implementare un forte apparato informatico da utilizzare come strumento di politica internazionale.

D. – Le immagini di un film, il contenuto di una pellicola cinematografica, possono essere davvero la sola ragione di una mossa come questa, per quanto riguarda la Corea del Nord?

R. – Bisogna considerare che il regime della Corea del Nord è un regime particolarmente autoritario e particolarmente repressivo, incentrato sulla figura di Kim Jong-un, l’attuale leader, che punta sul proprio carisma e sulla propria autorità come principale arma di controllo e quindi anche di sostentamento, nel lungo periodo, di quello che è un regime attualmente fuori da ogni parametro storico, se lo confrontiamo alle altre forme di governo della comunità internazionale. Quindi un film che possa minare, anche se in modo ironico, e quindi addirittura sbeffeggiare questo tipo di sistema, sicuramente viene visto come una minaccia per la sicurezza nazionale. Non bisogna neanche trascurare il fatto che per la Corea del Nord poter mettere  - mi passi il termine - il cappello sopra un attacco informatico agli Stati Uniti, sicuramente è un messaggio molto forte.

D. – Lo sottolineava lei poco fa ma è di dominio pubblico, anche con dei rapporti di Amnesty International, che ultimamente ci hanno dato la dimensione del tipo di repressione che c’è in Corea del Nord: è una repressione feroce, spesso attuata con mezzi che sono stati quasi accostati a quelli del nazismo e di Auschwitz. In un contesto del genere è possibile un’apertura della Corea del Nord? Con quali eventuali strumenti, secondo lei, anche da parte della comunità internazionale?

R. – La comunità internazionale ha già messo in atto pesanti sanzioni nei confronti della Corea del Nord, per cercare delle aperture sul tema dei diritti umani. Come giustamente mi ricordava, i campi di prigionia attualmente aperti in Corea del Nord e appunto in programma di nuove aperture, sono uno dei grandi punti dolenti del regime nord coreano per la comunità internazionale. Il dibattito è sicuramente molto acceso al riguardo. Purtroppo, al momento, non c’è un tavolo negoziale in grado di garantire che il regime di Pyongyang possa portare avanti delle misure di riduzione della repressione al proprio interno. Anche la liberazione dei prigionieri statunitensi, che è avvenuta nelle scorse settimane, aveva lasciato prospettare una maggior distensione sotto questo punto di vista da parte di Pyongyang. Quello che, però, appunto, si può leggere da questi ultimi fatti è che se da una parte il governo di Kim Jong-un cerca di rabbonire la comunità internazionale, magari per avere una maggiore sponda internazionale, in un momento in cui anche regionalmente la Corea del Nord si trova sempre maggiormente isolata, d’altra parte le contraddizioni che lo stesso Kim Jong-un si trova a dover portare avanti, per  poter garantire la propria sopravvivenza interna, riducono le possibilità di dialogo davvero ai minimi termini.








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