2014-12-21 10:30:00

Tunisia: ballottaggio per eleggere il nuovo presidente


Tunisia nuovamente alle urne questa domenica per eleggere il primo presidente della Repubblica del dopo Ben Alì, che rimarrà in carica 5 anni. A sfidarsi nel ballottaggio sono il capo di Stato uscente Marzouki e il leader del partito laico Nidaa Tounes, Essebsi, che al primo turno ha ottenuto il 39,46 per cento delle preferenze contro il 33,43 di Marzouki. Si tratta di un voto molto sentito dai tunisini perché dovrebbe concludere il processo di transizione, ma che si sta svolgendo in un'atmosfera di tensione: questa notte un uomo è morto e tre sono stati arrestati per aver tentato l'attacco a un seggio nella regione di Kairouane; l'episodio potrebbe essere legato al ferimento di un militare avvenuto ieri sera presso un altro seggio, nella stessa regione. Infine, sono state diffuse voci su un possibile attentato contro il candidato favorito, Essebsi, poi smentite dal ministero dell'Interno. Sulla fase che sta attraversando la Tunisia, Cecilia Seppia ha raccolto il commento di Leila El Houssì docente di Storia dei Paesi arabi all’Università di Firenze:

R. – Il Paese è in una fase di transizione democratica già dal momento delle prime elezioni del 2011. Certamente questo appuntamento elettorale è un appuntamento importante. Io non azzarderei a dire che siamo in una fase di ritorno al passato, direi che il Paese si presenta, in questo momento, ancora in work in progress. Non ci si può certo aspettare che un Paese che ha vissuto comunque moltissimi anni di dittatura possa, nell’arco di poco tempo, trasformarsi immediatamente in una democrazia, ci vuole molto tempo. Sicuramente il processo elettorale è un processo importante, che è un primo passo, uno step - diciamo - verso la democrazia e non credo che la transizione termini con queste elezioni.

D. – Marzouki ed Essebsi sono i due sfidanti di questa tornata elettorale. Diciamo che i timori principali sono concentrati proprio su Essebsi: 88 anni, avvocato: viene considerato un po’ "l’uomo del vecchio regime", "traditore" della rivoluzione. Allora, che personalità sono queste due? Si possono mettere a confronto in qualche modo?

R. – Sono due personaggi molto diversi tra loro, comunque con alcune somiglianze. Innanzitutto, di fatto, nascono all’indomani della rivolta tunisina e, in un certo senso, portano il Paese ad una nuova era, sostanzialmente. Marzouki era un leader dei diritti umani, che è stato eletto presidente all’indomani delle elezioni del 2011, che ha transitato la Tunisia fino ad oggi; mentre Essebsi è un personaggio che nasce, comunque, durante l’epoca di Bourguiba, il primo presidente della Tunisia, ed è sostanzialmente assente nel periodo invece di Ben Alì e della dittatura di Ben Alì. Un anno e mezzo fa decide di fondare questo nuovo partito, che è il partito di Nidaa Tounes che ha avuto un grande successo alle ultime legislative. Marzouki è sicuramente appoggiato dal partito Ennahda, che era il partito islamico, mentre Essebsi è appoggiato appunto, oltre che dal suo partito, da quello che viene definito mediaticamente “fronte laico”. Entrambi, comunque, sono figure che rappresentano la polarizzazione della vita politica tunisina. Secondo la Costituzione è il primo ministro che concentra nelle sue mani il potere esecutivo e dato che, appunto, il popolo tunisino ha optato per un regime semi parlamentare, quindi in un certo senso il presidente della Repubblica non è che sia più responsabile della direzione del gioco politico, ha però tuttavia questo compito di rappresentare lo Stato.

D. – Quali sono le sfide che aspettano il nuovo presidente?

R. – La sfida, a mio avviso, più importante sarà quella dell’aspetto economico, perché comunque il Paese, all’indomani della rivolta, è cambiato, c’è stata una trasformazione, già prima, durante l’ultima fase di una crisi economica importante, e questa crisi economica non si è risolta. Quindi risollevare il Paese, far sì che il Paese diventi un Paese competitivo, anche all’interno dell’area. E poi la minaccia del terrorismo: la Tunisia non è stata particolarmente colpita da estremismo ma questo non vuol dire che ne sia immune. 

D. – Nella prima tornata c’è stato anche un segnale un po’ particolare, che è stato il forte astensionismo dei giovani, che poi ha provocato il risultato che abbiamo visto. Quindi forse i giovani prendono distanza da questi due candidati, non si riconoscono…

R. – Sì, sicuramente, questa è indubbiamente una questione che è emersa. Forse stanno vivendo anche un momento legato alla poca speranza di cambiamenti. Comunque, infatti, avevano creduto molto nel 2011 ad una trasformazione veloce. Sono state fatte molte cose in questi anni: la Costituzione, le elezioni. Sono dei passi, ma questo non significa che abbiamo risolto, significa che siamo sulla buona strada.








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