2014-12-22 14:35:00

Mons. Bregantini: un presepe sul luogo della Messa del Papa


A sei mesi dalla visita del Papa a Campobasso, questo pomeriggio nella capanna in cui lo scorso 5 luglio si è tenuta la Santa Messa, l’arcivescovo, mons. Giancarlo Bregantini, benedirà un presepio artistico al termine di una processione per il corso cittadino e lancerà l’idea di intitolare l’area a Francesco. Ancora forte l’eco delle parole del Pontefice con l’appello ai giovani “a uscire dal labirinto” e ad aspirare a cose grandi. Al microfono di Paolo Ondarza, mons. Bregantini spiega il significato della celebrazione di questa sera:

R. – Gratitudine a questa immensa esperienza di grazia che abbiamo vissuto: vuole essere un ricordo, una memoria tenuta viva, affinché venga mantenuta questa forza d’animo che il popolo di Campobasso ha sempre avuto, recuperando anche i piccoli ma significativi segni di crescita che ci sono stati a sei mesi dalla visita del Papa.

D. – Ci sono stati questi segni di crescita: può parlarcene?

R. – Primo, c’è stata una maggiore capacità di prendere in mano i propri problemi. Secondo, la voglia di un’esperienza di crescita della realtà delle cooperative, specialmente l’accoglienza del mondo degli stranieri. C’è stata inoltre una crescita vocazionale inattesa dentro la realtà sia maschile che femminile della diocesi.

D. – Campobasso è stata una delle periferie italiane visitate da Papa Francesco durante l’anno. Come si prepara a vivere questo Natale?

R. – Raccogliendo il messaggi del Papa. Questo ci aiuta da uscire dal grigiore del labirinto – immagine sua – a recuperare quelle tre parole che lui ha consegnato ai giovani: coraggio, speranza e solidarietà. Questi tre doni danno all’esperienza che stiamo vivendo questa sera la continuità e la bellezza.

D. – Coraggio, speranza e solidarietà: un messaggio estremante positivo perché radicato nel Vangelo, a fronte di un’immagine negativa veicolata dai media rispetto al Molise…

R. – Si, ci sono state delle immagini, anche recenti, che godono nel delineare il negativo. C’è gente che crede di fare del bene gettando fango. Purtroppo, questo metodo non paga. Non paga perché oggi critichi A, domani critichi B, ma non fai crescere la gente, non dai il coraggio. Il limite di certe trasmissioni è proprio questo – non tanto le cose che si dicono, perché tutti abbiamo dei difetti. Roma ne è il segno, chi trasmette da Roma dovrebbe vergognarsi di accusare un’altra terra. Bisognerebbe dire :”Prima facciamo mea culpa noi”, ma soprattutto bisognerebbe far vedere immagini in positivo per spingere, come ha fatto il Papa, verso il futuro, verso il coraggio, verso una maggiore solidarietà questa terra, che già è marginale – come ha detto benissimo il Papa – e se non è accompagnata rischia di essere emarginata. Questo è il punto. Noi dobbiamo cambiare e trasformare la marginalità di questa terra in tipicità, cioè in risorse positive dicendo: “C’è un problema, ma c’è anche una capacità. C’è un’ombra, ma c’è una luce. C’è un limite, ma c’è un talento”. Questo è lo stile con cui il Papa ci ha aiutato a vivere e a combattere: la battaglia delle identità di un popolo che non nega i difetti, non nega il grigiore del labirinto, ma non resta dentro il labirinto. Questo è il limite in cui una certa cultura pessimistica, soprattutto inutile e sterile, rischia di mettere non solo il Molise ma tutta l’Italia, quasi che la denuncia dei mali fosse la soluzione dei mali. Non è affatto vero! Perché non basta denunciare che ho la febbre o che il medico mi dica: “Lei ha un tumore”. Io attendo dal medico il rimedio: attendo dall’ospedale la risposta. Questo è lo stile con cui vivere i problemi; questa è la grandezza del Papa!








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