2015-01-01 13:42:00

Cuba, Iran, Sri Lanka: fari di speranza per l'anno appena iniziato


A due settimane dallo “storico” disgelo tra Stati Uniti e Cuba, Washington ha espresso preoccupazione per l’arresto di diversi dissidenti sull’isola caraibica. Resta però il fatto che l’annuncio del presidente Obama della ripresa delle relazioni diplomatiche con l’Avana, dopo 53 anni di crisi, è una delle poche notizie positive di un 2014 segnato purtroppo dal dilagare dei conflitti. Per mettere meglio in luce i fari di speranza dell'anno che si è appena concluso, Francesca Sabatinelli ha intervistato Natalino Ronzitti, professore emerito di Diritto internazionale presso l'università Luiss e consigliere scientifico dello Iai, Istituto Affari Internazionali:

R. – Almeno due fatti possono essere sottolineati: il riconoscimento e la instaurazione di relazioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e Cuba, e l’apertura che c’è stata recentemente anche da parte degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran. Qualora l’Iran abbandonasse definitivamente, come si dice, la volontà di poter avere delle armi nucleari, allora in questo caso dovrebbero cadere pure le sanzioni. Altri fatti positivi li possiamo intravedere a livello mondiale, ad esempio, per quanto riguarda la lotta alla pirateria, abbiamo visto come questa sia stata abbastanza efficace e come la pirateria sia scemata. Il che significa che questo è un beneficio per i traffici commerciali mondiali. Un altro fatto che è abbastanza importante, spesso misconosciuto, è l’entrata in vigore del Trattato internazionale sul commercio della armi, il 24 dicembre scorso. Questo Trattato non elemina i traffici di armi, però li regolamenta. E’ un passo positivo, perché già fu tentata una Convenzione del genere al tempo della Società delle Nazioni, ma il relativo Trattato non è mai entrato in vigore. Questa volta, invece, questo Trattato è entrato in vigore, tutti i Paesi dell’Unione Europea lo hanno ratificato e si spera che abbia una adesione universale.

D. – Il 2015 è anche l’anno della Conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione nucleare, in primavera a New York. Che tipo di segnale potrebbe arrivare da questo appuntamento?

R. – Purtroppo qui non ci sono grandi speranze. Però un fatto positivo è che almeno l’ordine del giorno sia stato adottato e che quindi la Conferenza si tiene. Sarebbe veramente molto pericoloso che conferenze del genere non si tenessero.

D. – Nell’ipotesi in cui arrivassero dei segnali concreti di riavvicinamento tra Iran e Stati Uniti, questo, secondo lei, avrebbe un effetto domino sui Paesi dell’area?

R. – Questo è difficile dirlo, per quanto riguarda l’effetto domino, ma probabilmente potrebbe avere un effetto notevole per quanto riguarda la riappacificazione, specialmente nell’area del Golfo Persico, un'area che è attraversata da controversie territoriali, da controversie di navigazione e tra gli Stati e tra Stati terzi che intendono entrare nel Golfo. Quindi diciamo che un effetto lo potrebbe avere. Se poi lei si riferisce al fatto che l’eventuale soluzione del conflitto possa avere un effetto domino su tutta l’area, specialmente per quanto riguarda l’Is e per quanto riguarda Siria e Iraq, ovviamente è difficile dirlo, perché lì le ostilità sono in corso, esiste questo movimento terrorista che ormai controlla un territorio. E’ praticamente la prima volta, a parte la "questione di Bin Laden",  che un movimento insurrezionale di marca terroristica controlla una notevole parte di territorio. Io direi che in questo caso un effetto domino non dovrebbe averlo, se non nel senso che questi Paesi possano tutti insieme, come Paesi della coalizione, aiutare a sconfiggere questo movimento dell’Is. Ma ovviamente non possiamo parlare di pace a questo riguardo, perché verrebbe sconfitto con la forza delle armi. E non c’è altro metodo per sconfiggere questo movimento terrorista.

L’America Latina ha un altro fronte in cui il processo di pace continua a consolidarsi, sebbene ancora oggi non manchino episodi di violenza, e questo Paese è la Colombia. Ne parla al microfono di Francesca Sabatinelli, Raul Caruso, docente di Politica economica all’Università Cattolica di Milano e direttore delle rete europea "Scienziati per la pace":

R. – La Colombia è un Paese che è stato per anni dilaniato da un conflitto perenne tra governo, paramilitari e gruppi ribelli, ma che comunque, a dispetto di tante difficoltà e a dispetto di qualche evento di recrudescenza, vede colloqui di pace che stanno andando avanti, peraltro nell’isola di Cuba, in questo momento sembra che Cuba sia un po’ lo spartiacque di tante speranze.  E’ chiaro che la Colombia ci fa venire in mente anche un altro aspetto: il Paese è in una situazione molto difficile dal punto di vista della diseguaglianza sociale, della giustizia sociale ed evidentemente i nodi principali di quel processo di pace passano proprio attraverso la risoluzione della profonda ingiustizia sociale, che purtroppo è cristallizzata da molti anni nel Paese.

D. – I colloqui vanno avanti, non si sono mai interrotti e questo nonostante non ci sia un cessate-il-fuoco…

R. – Il conflitto colombiano è molto particolare, perché i colloqui di pace sono cominciati tempo fa, ma il presidente Santos e anche i ribelli hanno sempre specificato che le normali operazioni “di guerra” sarebbero andate avanti. Non c’è mai stato un vero e proprio cessate-il-fuoco, ce ne fu solamente uno, unilaterale da parte delle Farc, dell’Eln (Esercito di liberazione nazionale, organizzazione di guerriglia marxista ndr), in occasione delle elezioni presidenziali di qualche mese fa. Ma tecnicamente non sono colloqui di pace che seguono ad un vero e proprio cessate-il-fuoco come noi siamo abituati a pensare. Quindi quando accadono degli episodi violenti, non bisogna immaginare che stiano pregiudicando il processo di pace in corso.

D. – Il Papa sta per partire per il viaggio nello Sri Lanka, Paese che è stato dilaniato da anni di guerra civile. Negli ultimi tempi sembra che ci si sia veramente incamminati verso una riconciliazione…

R. – La piccola isola dello Sri Lanka, per quanto piccola, era comunque un caso molto particolare perché la guerra civile è stata protagonista di quell’isola per almeno 25 anni. Adesso la situazione si sta normalizzando dal punto di vista della pace, tant’è che è notizia di pochi giorni fa la riapertura della linea ferroviaria che collega il Nord, in mano a ribelli, con il Sud. Il processo di pace quindi continua, anche in virtù di questa integrazione che sta prendendo piede nella società srilankese.








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