Per il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, è un “passo storico” e significativa è stata anche la data: la vigilia di Natale ha segnato infatti l’entrata in vigore del Trattato internazionale sul commercio di armi (‘Arms trade treaty’ o Att). Ratificato da 61 Stati e firmato complessivamente da 130, il documento tenta di introdurre il principio della responsabilità nel settore - finora in larga parte senza regole - della vendita di armamenti
Il ruolo delle Chiese africane
Tra le più forti sostenitrici del trattato - riferisce l'agenzia Sir - negli anni,
ci sono state le Chiese, in particolare quelle africane. Anche i partecipanti al secondo
Sinodo sull’Africa, nel 2009, auspicarono la fine del commercio illegale, una maggiore
trasparenza di quello legale e soprattutto un embargo sulle armi leggere.
Commercio delle armi e instabilità degli Stati
Nella stessa sede era stata evidenziata anche “la stretta relazione tra lo sfruttamento
delle materie prime, il commercio delle armi e un’instabilità mantenuta intenzionalmente”.
Al contrario, ha notato anche una ricerca di ‘Chatham House’, a risentire di più di
un maggiore investimento in armi sono gli stanziamenti per sanità, scuola e creazione
di lavoro. Anche per questo si deve sperare che il numero degli Stati africani parte
del trattato - oggi 7 su 54 - aumenti rapidamente. (R.P.)
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