La dignità umana è il fondamento della pace: questo, in sintesi l’appello lanciato dai sedici vescovi dell'Holy Land Coordination, al termine della visita organizzata in questi giorni in Palestina e Israele. L’iniziativa, che si tiene ogni anno, riunisce presuli e rappresentanti delle Conferenze episcopali di Europa e Nord America. “Siamo venuti per pregare e dare sostegno alla comunità cristiana, per promuovere la pace e la dignità umana in questa terra divisa – si legge nel comunicato finale dell’evento - Abbiamo visto le conseguenze tragiche del fallimento dei politici nazionali e internazionali per conseguire la pace. La dignità umana è data da Dio ed è assoluta. Il conflitto in corso minaccia la dignità dei palestinesi e degli israeliani, ma in modo particolare il nostro impegno per i poveri ci chiama a sostenere le persone sofferenti di Gaza”.
Non dimenticare la comunità cristiana
Ribadendo, poi, che “la piccola comunità cristiana
non è stata dimenticata”, il Coordinamento dei vescovi lancia l’allarme per le “decine
di migliaia di famiglie di Gaza che non hanno un alloggio adeguato”, tanto che “in
questo ultimo periodo di freddo gelido, almeno due bambini sono morti per ipotermia”.
“Il blocco continuo – prosegue la nota - impedisce drammaticamente la ricostruzione
e contribuisce alla disperazione che mina la legittima speranza degli israeliani per
la sicurezza. Ma crea, anche, livelli intollerabili di disoccupazione e spinge la
gente comune verso la povertà più estrema”.
Mantenere viva la speranza
Tuttavia, “nonostante la devastazione, le terrificanti
scene di distruzione e le paure di un'altra guerra”, i vescovi sottolineano che “la
speranza è viva in Gaza” ed è testimoniata dalle famiglie che ricostruiscono “con
caparbietà le proprie vite”, da “una piccola comunità cristiana con un’enorme fede”
e dalla “tenacia di molti volontari”. Di qui, l’appello affinché i leader politici
difendano “la dignità umana della popolazione di Gaza”, perché “le persone di buona
volontà di entrambe le parti in conflitto vogliono la stessa cosa: una vita degna
della persona umana”.
No al muro nella Valle del Cremisan
Poi, il Coordinamento dei vescovi sottolinea la sua
opposizione “alla costruzione del muro previsto nella valle di Cremisan”, che “comporterebbe
la perdita delle terre e dei mezzi di sussistenza di molte famiglie cristiane”. Allo
stesso tempo, i presuli si dicono contrari alla “espansione del programma d’insediamento,
illegale secondo il diritto internazionale”, poiché “il suo impatto sulla libertà
di movimento dei palestinesi e sulla confisca delle terre è semplicemente ingiusto”.
La pace esige rispetto diritti umani
L’esortazione rivolta, dunque, ai “funzionari pubblici”
è quella di “costruire ponti, non muri”, “favorendo una maggiore interazione tra
israeliani e palestinesi”, perché “la pace si realizzerà solo quando tutte le parti
rispetteranno il fatto che la Terra Santa è sacra per tre religioni e casa di due
popoli”, così come sottolineato da Papa Francesco nell’udienza, il 12 gennaio, al
Corpo Diplomatico. “La via della pace esige il rispetto dei diritti umani di israeliani
e palestinesi – conclude la nota - La nostra preghiera alimenta la speranza che rende
possibile la pace. Facciamo appello a tutti i cristiani a pregare per gli ebrei, i
cristiani e i musulmani di questa Terra che chiamiamo Santa”. (I.P.)
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