2015-01-19 12:25:00

Boko Haram sconfina e rapisce 80 persone in Camerun


L'esercito del Camerun ha liberato 24 delle 80 persone rapite ieri nel nord del Paese dai miliziani Boko Haram. I terroristi islamici hanno sconfinato dalla Nigeria e nel villaggio di Mabass hanno preso in ostaggio decine di persone, tra cui 50 bambini. Nelle stesse ore, nel nord-est della Nigeria un nuovo attentato kamikaze colpiva la città di Potiskum, con un bilancio di almeno quattro morti e 35 feriti. Ma qual è la situazione al confine tra Nigeria e Camerun, teatro delle azioni dei Boko Haram? Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente fratel Fabio Mussi, missionario laico del Pime, coordinatore della Caritas della diocesi di Yagoua, in Camerun:

R. - La zona montagnosa di Maroua-Mokolo, quindi nella diocesi confinante con la nostra, è molto colpita attualmente dai Boko Haram che sono scesi 200-300 km più a sud rispetto alla loro zona di combattimento, che si trova all’estremo nord. In questa zona, stanno colpendo e cercando di fare pressione sulle autorità. Questo perché da qualche giorno è entrato in Camerun, in appoggio alle forze armate camerunensi, un contingente molto forte di soldati ciadiani.

D.- C’è quindi il pericolo che queste azioni si allarghino sempre più nell’area?

R. - È un po’ quello che temiamo, dato che all’estremo nord c’è questo fronte formato dai militari di Camerun, Ciad e Nigeria che vuole confinare i Boko Haram in una zona più interna, per cercare di sconfiggerli. Quindi cercano di allontanarsi da tale area.

D. - I miliziani hanno rapito dei bambini e, nelle loro azioni, impiegano e sacrificano la vita dei più piccoli. Perché? A cosa puntano?

R. – Puntano, come in altre zone, ad utilizzarli come kamikaze soprattutto nelle azioni in grandi agglomerati o nei mercati. Sono manipolati e mettono loro addosso bombe ed esplosivi per poterli fare saltare in zone dove c’è tanta gente, perché i bambini sono meno controllati degli adulti. Quindi è proprio una scelta dei Boko Haram quella di utilizzare i bambini sia come soldati, sia come kamikaze.

D. - La popolazione lì al confine come vive le azioni dei Boko Haram?

R. - La popolazione qui è molto frastornata. Sulla strada nazionale 1, che passa per Maroua, molti villaggi - che ho attraversato ieri - sono deserti. Sono stati ritenuti o collaborazionisti di Boko Haram, la gente è stata cacciata da altri, oppure Boko Haram li ha consideratati come collaborazionisti delle autorità e quindi lo hanno incendiato le case. Diciamo dunque che molti villaggi ormai sono vuoti.

D. - Quindi si tratta anche di assistere rifugiati e sfollati. Lei, come coordinatore della Caritas diocesana e con l’aiuto di Fondazione Pime Onlus che ha un progetto di assistenza, come affronta questa emergenza?

R. – In questi giorni mi trovo nella provincia più a nord del Camerun, per vedere quali sono i problemi attuali dei rifugiati e degli sfollati. Attualmente c’è un aumento di queste persone, perché sono aumentate la pressione e la tensione. Forniamo assistenza alimentare e di tipo sanitario, oltre all’acqua potabile. Cerchiamo, inoltre, di aiutare i ragazzi a continuare ad andare a scuola, perché se non vanno a scuola sono preda di persone che li arruolano e li portano ad avvicinarsi ai Boko Haram. Se vanno a scuola, invece, hanno almeno una possibilità di esser aiutati a riflettere e sono occupati.

D.- E voi, come operatori, riuscite a muovervi, a portare gli aiuti?

R. - C’è pericolo. Le strade sono minate, non tutte per fortuna. Noi ci muoviamo con la scorta, che ci accompagna nel trasporto delle medicine, degli alimenti. Ho appena parlato con il prefetto locale, per organizzare un invio di alimenti e medicinali a Fotocol, una zona che è stata molto colpita negli ultimi due o tre mesi.

D. - In questo quadro di emergenza, qual è il suo appello?

R. - Non dimenticare che ci sono delle persone che purtroppo sono vittime di questo odio, di tipo ideologico, di un islam molto radicale. Inoltre attualmente sta cambiando, diventando anche una questione di tipo politico, di potere. Quindi è giusto che ci si occupi delle tante zone, anche in Europa, dove ci sono stati gli ultimi attentati, ma non dimentichiamo che l’Africa è un po’ il retroterra che produce poi questi flussi di migranti che arrivano anche da noi. Quindi, se si aiuta questa gente a vivere nella serenità, sarà anche un aiuto per i nostri Paesi in Europa.








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