2015-01-21 11:48:00

Vertice Davos. Franco Bruni: ripresa precaria


Si è aperto oggi a Davos, in Svizzera, il World Economic Forum, il vertice che riunisce il gotha dell’economia e della politica mondiale. Nella prima giornata riflettori accesi sul futuro dell’Unione europea. Mentre il premier italiano Renzi spinge il tasto delle riforme, nel giorno in cui il Senato approva la nuova legge eettorale. Servizio di Giampiero Guadagni:

Futuro dell’Europa al centro della prima giornata di lavori a Davos. In particolare si discute sulla permanenza di Londra nell’Unione, scontata per i massimi esperti concordi però nel prevedere grandi tensioni a partire dalle elezioni della prossima primavera. Secondo un sondaggio nel Regno Unito favorevoli all’Europa sono più i giovani  delle generazioni mature. Di Europa ha parlato anche il premier italiano Renzi, al debutto a Davos, per dire che la strada da seguire, anche vda parte della Banca centrale, è quella della crescita e degli investimenti. Compito della politica, ha detto poi Renzi, è trasformare i rischi in opportunità. Quanto all’Italia, non sarà un museo ma un luogo di innovazione, ha assicurato Renzi per il quale questa è la stagione di riforme che servono al Paese. Lo slogan proposto oggi è ”carpe diem”, perché è necessario cogliere il momento e non rinviare la soluzione ai problemi. Un messaggio ai partner internazionali, ma anche alle forze politiche italiane. Oggi il Senato ha dato il via libera all’emendamento Esposito che ha di fatto riscritto la legge elettorale, l’Italicum, blindando così il patto del Nazereno tra Renzi e Berlusconi, nonostante il voto contrario di 15 senatori di Forza Italia e di 22 della minoranza del Pd. E proprio nel partito del premier lo strappo sembra difficilmente ricucibile. 

Sullo sfondo degli incontri tra governi, banche e imprese ci sono i possibili interventi da parte della Bce e la fine della recessione negli Usa annunciata da Obama. Fausta Speranza ne ha parlato con Franco Bruni, docente di Politiche monetarie all’Università Bocconi:

R. - L’importante è cercare di sottolineare l’urgenza che i politici tornino a dare una maggiore attenzione al fatto che siamo tutti sulla stessa barca, che dobbiamo cooperare molto di più in tutti i settori e che tutti i settori sono collegati a partire dalla politica economica, energetica, estera, di sicurezza… È tutto uno stesso tema. Il mondo deve dimostrare di essere unito, non diviso, altrimenti viene travolto dalla sua stessa evoluzione che è sempre più complessa.

D. - Lei dice: “Tutti sulla stessa barca”. Però gli Stati Uniti in qualche modo hanno cambiato barca… hanno segnato la fine della recessione…

R. - Sì, la fine della recessione ... Loro stanno bene, nel senso che il Pil sta salendo, così come l’occupazione. Però, è un equilibro molto precario, gonfiato da una liquidità molto forte, gonfiato da una fortissima concentrazione sul settore dell’estrazione del gas, che ha poi un indotto molto significativo, ma che può esser facilmente interrotto dall’andamento dei prezzi del petrolio. Rischiano di mettere fuori mercato parecchi progetti di investimento che hanno a causa  del grado del loro indebitamento ancora molto alto in questo e in altri settori. Quindi, è un’economia che va abbastanza veloce, ma che rischia sempre di esplodere.

D. - Sullo sfondo di Davos ci sono i possibili interventi della Banca centrale europea (Bce). Si parla di quantitative easing che significa, in sostanza, l’acquisto di titoli di Stato. Che dire al proposito?

R. - Sì, certamente ci si aspetta qualcosa di rilevante dalle prossime riunioni della Banca centrale europea. Magari saranno decisioni prese a tappe. L’obiettivo statutario della Banca centrale è di tenere l’inflazione vicino al 2 per cento, mentre questa 'balla' intorno allo zero e qualche volta va verso il negativo. La Bce ha fatto tutto il possibile per mantenere questi parametri e adesso le resta questa ultima arma, ovvero acquisti massici di titoli di Stato in giro per l’Eurozona. Vediamo come questo viene organizzato. Credo che sia un provvedimento che da solo non serve a niente. Serve solo a creare liquidità pericolosa. Ma invece serve se è accompagnato, nei governi nazionali e nel governo del Consiglio europeo e della Commissione, da provvedimenti di riforma strutturale di cui abbiamo bisogno per crescere davvero indipendentemente dalle iniezioni di liquidità. E poi da programmi di investimento pubblico e privato di grande rilievo come quelli che la Commissione ha iniziato a disegnare. Allora, se si mette tutto questo insieme, il fatto di mettere in movimento una serie di titoli pubblici,che oggi sono nei portafogli delle banche e ristagnano in modo infruttuoso, può dare risultati, ma guai se si pensa che il presidente della Bce Draghi possa risolvere da solo il problema.

D. - Quando si parla di acquisto di utitoli di Stato, si parla di acquisto di debiti. Siamo pronti a questo?

R. - Vuol dire che la Banca centrale si assume il rischio di insolvenza dei governi nazionali, che non è un grande rischio ma esiste. Facendolo “mutualizza”, cioè fa sì che questi rischi siano condivisi all’interno della Banca centrale europea che è un’istituzione europea, dove ci sono dentro capitali di tutti i Paesi. Questo sul piano del principio della condivisione dei rischi potrebbe essere, da un lato, uno degli aspetti più positivi e più avanzati di una manovra in genere in sé molto più importante del fatto stesso dell’acquisto dei titoli e della liquidità che ne segue. Dall’altro, potrebbe essere uno degli ostacoli maggiori perché alcuni Paesi, tra cui la Germania, sono fortemente contrari a questa condivisione dei rischi fino a che essa nonn venga prevista ufficialmente da una riforma dei trattati.








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