2015-01-22 14:10:00

Attacchi ai cristiani in Niger: vescovi sospendono tutte le attività


I vescovi del Niger hanno sospeso “fino a nuovo ordine” tutte le attività della Chiesa cattolica (scuole, Centri di sanità, opere caritative e di sviluppo) “a seguito dei saccheggi delle chiese e delle infrastrutture della nostra istituzione e della profanazione dei nostri luoghi di culto”. Lo si apprende da un comunicato inviato all’agenzia Fides.

Solidarietà alla Chiesa nigerina
Tra il 16 e il 17 gennaio, varie chiese e comunità religiose del Niger hanno subito danni ingenti a causa dei manifestanti che protestavano contro le pubblicazioni del settimanale francese “Charlie Hebdo”. “Il provvedimento - si legge nella nota - ci permetterà di pregare e di leggere, in serenità, gli avvenimenti dolorosi che abbiamo subito”. “Ringraziano molto cordialmente tutti coloro che hanno espresso la loro solidarietà in questi momenti difficili. Preghiamo gli uni per gli altri affinché si stabilisca la pace nei cuori”, concludono i vescovi. 

 

A conclusione della udienza generale di ieri, Papa Francesco ha espresso la sua accorata vicinanza al dramma dei cristiani in Niger, colpiti dalle violenze compiute da estremisti islamici affermando che “Non si può fare la guerra in nome di Dio”. Il servizio di Giancarlo La Vella:

Papa Francesco guarda alle sofferenze, troppo spesso dimenticate, dei suoi fratelli più lontani e il dolore dei cristiani in Niger viene messo in evidenza nelle invocazioni del Pontefice, che pone nuovamente l’accento su temi – le persecuzioni dei cristiani, la libertà religiosa, la riconciliazione – già affrontati nel recente viaggio apostolico in Sri Lanka e Filippine. Nel suo saluto ai pellegrini di lingua araba il Santo Padre ha subito rivolto il suo pensiero a tutti i cristiani perseguitati nel mondo. Poi l’invito ai fedeli a pregare insieme per le vittime delle manifestazioni avvenute in questi ultimi giorni nell’”amato Niger", sfociate in inspiegabili atti di violenza anticristiana:

“Sono state fatte brutalità verso i cristiani, i bambini e le chiese. Invochiamo dal Signore il dono della riconciliazione e della pace, perché mai il sentimento religioso diventi occasione di violenza, di sopraffazione e di distruzione. Non si può fare la guerra in nome di Dio!”.

Quindi l’invocazione di Francesco a Maria, affinché il bene prezioso della pace torni in Niger:

“Auspico che quanto prima si possa ristabilire un clima di rispetto reciproco e di pacifica convivenza per il bene di tutti”.

L’invocazione giunge dopo giorni di sanguinosi attacchi avvenuti durante le manifestazioni di protesta islamiche contro le nuove vignette su Maometto di Charlie Hebdo. Dieci i morti, decine i feriti, 45 chiese cristiane letteralmente distrutte costituiscono il bilancio di una violenta follia che non accenna a fermarsi e i cui effetti sono stati evidenziati ai nostri microfoni dall’arcivescovo di Niamey, mons. Michel Cartatéguy:

“Nous sommes, nous communauté chrétienne, encore sous le choc. …

Noi, come comunità cristiana, siamo sotto shock. Tutte le nostre chiese sono state completamente saccheggiate, profanate. Tutto è bruciato. Forse ci stiamo accingendo a  vivere l’agonia di Gesù sulla nostra carne. Abbiamo avuto forti testimonianze di solidarietà da parte della comunità musulmana”.

Ma come far fruttificare oggi quei semi di fratellanza e condivisione, purtroppo ora nascosti, ma che evidentemente sono presenti anche in Niger? Sentiamo padre Giulio Albanese, missionario comboniano, direttore delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie:

“Io credo che il ruolo delle Chiese cristiane sia fondamentale in questo frangente. Si tratta davvero di fare tesoro di quello che dice la Dottrina Sociale, capire e comprendere con il cuore e con la mente che il dialogo è fondamentale e soprattutto la moderazione, anche perché lo scontro delle civiltà, lo scontro tra le religioni porta inevitabilmente morte e distruzione. Bisogna sicuramente evitare di gettare benzina sul fuoco. Il dialogo, da questo punto di vista, è fondamentale, se non altro perché riesce a far germinare quei semi di speranza che, comunque, in una maniera o nell’altra, sono presenti nel tessuto dell’intero popolo nigerino”.








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