2015-01-23 12:11:00

In Grecia cresce fronte anti UE mentre la Bce rafforza l'euro


E' finita la campagna elettorale in Grecia. Domani il voto politico. Rispetto al premier uscente Samaras, del partito  di centrodestra "Nea Dimokratia", risulta favorito dai sondaggi il leader del partito di sinistra radicale Syriza, Tsipras, che minaccia di non confermare gli impegni del governo precedente con l’Ue. Ma secondo le dichiarazioni di voto, al momento entrerebbero 8 partiti senza che nessuno abbia la maggioranza necessaria per formare il governo. intanto scambio di battute a distanza con il ministro tedesco delle Finanze Schaeuble, che ricorda che, per beneficiare delle nuove misure della Banca Centrale Europea, la Grecia dovrà rispettare il programma di riforme. Ma che dire della prospettiva annunciata da Ttsipras di uscita di Atene dall’euro? Fausta Speranza l’ha chiesto a Matteo Caroli, docente di Economia e gestione di imprese:

R. – La Grecia ha sofferto, in questi ultimissimi anni, problemi sociali fortissimi, peraltro conseguenza di gestioni dissennate degli anni ancora più lontani. E quindi, in qualche modo è anche inevitabile che ci si siano spinte come quelle che appunto si osservano in occasione delle elezioni. Io credo che chiunque andrà al governo in Grecia farà di tutto per rimanere all’interno dell’euro, perché è ora più evidente che mai che, comunque, questo progetto di moneta unica è vincente: presenta delle difficoltà, anche delle contraddizioni sicuramente, ma nel lungo termine sarà vincente. Quindi, è fondamentale rimanerci dentro. Sarà altrettanto fondamentale anche una politica da parte dell’Unione Europea che supporti il più possibile la Grecia. Ma non solo la Grecia, perché anche altri Paesi hanno grossi problemi sociali e quindi supporti, appunto, questi Paesi nel facilitare le condizioni di ripresa dell’economia e quindi di riduzione delle problematiche sociali, che sono fortissime e che poi inevitabilmente portano a spinte, che sono appunto anche antieuropeiste.

D. – Il piano di investimenti che ha annunciato la Commissione europea sicuramente trova aiuto da queste misure della Bce: anche per la Grecia in particolare?

R. – Sì, mi pare però che per la Grecia tutto sia condizionato al fatto che si aderisca alle misure che vengono richieste dalla cosiddetta "trojka". Quindi, è lì un po’ il nodo, anche politico, perché è chiaro che se la Grecia decide di non aderire a quelle misure rischia di rimanere fuori dall’azione di "Quantitative easing".

D. – Sono misure soprattutto di garanzia, di trasparenza… Come definirle, professore?

R. – Sono misure che vanno nella direzione della riduzione del debito e del deficit pubblico e quindi della spesa pubblica e questo ovviamente impatta pesantemente sugli assetti sociali del Paese, perché significa licenziamenti di dipendenti pubblici, significa riduzione delle spese per i servizi pubblici a partire dalla sanità, significa manovra sulle pensioni. Quindi, tutti temi di forte impatto sociale in cui il Paese – la Grecia – è chiamato a fare risparmi molto forti, con contraccolpi sociali molto forti. Però, purtroppo, si paga il prezzo per scelte e comportamenti dissennati in passato. L’atterraggio, il cambiamento, deve essere il più morbido possibile, non c’è dubbio. Però, il cambiamento ci deve essere.

D. – In definitiva, i mercati scommettono dopo la decisione della Bce su tassi in calo, "spread" ridotti, un euro competitivo e destinato a durare. Quanto può essere "suicida" per la Grecia pensare di uscire in questa fase?

R. – Io credo che sarebbe un errore. La misura di quantitative "easing" di Draghi era una azione fondamentale ed è stata gestita – credo – con un grande equilibrio, trovando sostanzialmente l’assenso di tutti gli Stati. Questo avrà un impatto fondamentale sulle economie europee. Naturalmente, sarà poi importante che le risorse finanziarie passino all’economia reale, che siano cioè effettivamente utilizzate anche dalle imprese per riprendere gli investimenti.








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