“Dammi da bere”. Queste parole che Gesù rivolse alla Samaritana incontrata al pozzo hanno guidato la Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani, che nel pomeriggio di questa domenica, alle 17.30, Papa Francesco concluderà come di consueto con la Celebrazione ecumenica dei Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unita' dei Cristiani, si sofferma, al al microfono di Mario Galgano, sul cammino ecumenico:
R. – Comme l’a dit le decret sur l’ecumenisme du
Vatican II…
Come dice il decreto sull’ecumenismo del Concilio
Vaticano II, l’ecumenismo spirituale è l’anima di tutto il movimento ecumenico. Ed
è per questo che è assolutamente necessario fare la preghiera per l’unità, perché
noi uomini non possiamo fare l’unità, non possiamo prevederne la data o il modo: l’unità
è un dono dello Spirito Santo e quindi dobbiamo essere aperti a questo. Quello che
cambia ogni anno è il tema della Settimana di preghiera per l’unità, che quest’anno
è stato elaborato da un gruppo del Brasile, che si è ispirato all’incontro di Gesù
con la donna che viene dalla Samaria. Proprio questo loro incontro e il loro dialogo
ci mostra qualche conseguenza anche per il dialogo ecumenico: a quei tempi, infatti,
gli ebrei non avevano contatti con i samaritani, ma Gesù supera questo problema e
parla con questa donna, dimostrandoci che il dialogo può superare molti problemi,
anche i problemi che noi abbiamo nella situazione ecumenica.
D. – Il fatto che il tema sia stato elaborato da un gruppo brasiliano, quindi dell’America Latina, dà un impulso particolare, che viene dai cattolici o dai cristiani dell’America Latina: se si pensa poi anche al fatto che il Papa viene dall’Argentina...
R. – Oui, je pense que au Brésil et aussi en Amérique latine nous avons beaucoup
de changements…
Sì, credo che in Brasile, così come in America Latina,
vi siano moltissimi cambiamenti nella situazione ecumenica. Assistiamo, infatti, ad
una grande nascita di comunità evangeliche, carismatiche e pentecostali… E’ un grande
cambiamento. Numericamente parlando, il pentecostalismo è la seconda realtà dopo quella
della Chiesa cattolica: e questo certamente rappresenta già in sé una grande sfida.
La realtà che viviamo oggi, qui a Roma, è quella di una grande apertura di Papa Francesco.
E questo è molto importante, perché in questi gruppi, in passato, c’erano diversi
pregiudizi contro la Chiesa cattolica e soprattutto contro il Papato. Quindi se gli
evangelici e i pentecostali avranno l’opportunità di incontrare personalmente il Santo
Padre, questo potrebbe essere una buona occasione per superare alcuni di quei pregiudizi.
E in questo Papa Francesco apre sicuramente molte porte: porte che non erano state
ancora completamente aperte.
D. – Un’ultima domanda: come vede la situazione generale dell’ecumenismo? A che punto si è, se facciamo un bilancio o un’analisi di questa Settimana? Dove ci troviamo oggi nel cammino?
R. – On est toujours en chemin…
Siamo sempre in cammino! L’ecumenismo ha un grande
cammino di 50 anni e molte cose abbiamo fatto lungo questo strada: penso a come, in
questi anni, abbiamo potuto approfondire relazioni fraterne e amichevoli con la maggior
parte delle altre Chiese e di comunità ecclesiali. Ma bisogna anche dire, onestamente,
che non siamo ancora arrivati alla fine: non abbiamo ancora l’unità ed è per questo
che siamo ancora in cammino. C’è anche da dire che abbiamo con tutti i dialoghi un
rapporto particolare e specifico: noi abbiamo 15 differenti dialoghi e dobbiamo quindi
valutarli tutti. Non è quindi facile dire: “nell’ecumenismo siamo a questo punto…”.
Siamo tuttora in cammino.
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