2015-01-25 17:16:00

Lebbra. Nel mondo ogni anno 200mila nuovi casi


Si celebra oggi la 62.ma Giornata mondiale dei malati di lebbra, istituita nel 1954 dallo scrittore e giornalista francese Raoul Follereau. Si stima che ogni anno oltre 200mila persone contraggano questa patologia. In prima linea nella cura anche la chiesa, che nel mondo gestisce 648 lebbrosari. Massimiliano Menichetti ha intervistato Mariella Pisano presidente dell’Aifo, l’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau:

R. – Oggi ci si ammala ancora di lebbra. Diciamo che ci sono milioni di ex malati di lebbra disabili. E abbiamo ancora più di 200 mila nuovi malati, registrati ogni anno per la lebbra, e vuol dire che sono almeno 400 mila, perché tanti malati si nascondono. La lebbra soffre ancora molto del problema dell’emarginazione.

D. – La lebbra, comunque, è una malattia curabile…

R. – Curabilissima. Diciamo che dall’’80 c’è una terapia di tre medicinali che può curare la lebbra benissimo. La lebbra comincia con delle macchie sulla pelle; normalmente, all’interno delle macchie non si ha sensibilità e quella è una delle caratteristiche maggiori. Se non si cura, in quel momento, allora cominciano ad essere coinvolti i nervi.

D. – Quali sono i Paesi in cui è maggiormente presente la lebbra?

R. – L’India in modo assoluto, subito dopo segue il Brasile, poi tanti Paesi dell’Africa – per esempio il Mozambico, il Madagascar, la Liberia, l’Indonesia – la Cina e anche vari Paesi dell’America Latina.

D. – Come è possibile che ancora ci siano casi di lebbra? Lei stessa ha detto che nell’’80 è stata introdotta una terapia che di fatto risolve questa patologia…

R. – Praticamente non si va più a ricercare il malato nei villaggi e si aspetta che venga negli ospedali. Quindi cominciano a venire quando hanno il braccio che non si piega più, non hanno più sensibilità alle dita, quando magari stanno perdendo un piede o cose del genere. E allora la lebbra è curabilissima, però le disabilità rimangono.

D. – Serve più coordinamento in ambito internazionale?

R. – Più coordinamento in ambito internazionale. Ricordarsi, per esempio, che non bisogna assolutamente fare in modo che ormai i medici non sappiano neanche cosa sia la lebbra. Adesso, anche in India, molti medici non conoscono più la lebbra, proprio perché si è persa questa necessità e questa idea che la lebbra esista, e poi la si ritrova più forte di prima.

D. – Quindi il messaggio è questo: non ci dimentichiamo di questa malattia sia per prevenirla sia per curarla…

R. – Non ci dimentichiamo di questa malattia e cerchiamo di fare in modo, per esempio, di ricercare davvero i casi, di fare in modo che resti nelle idee della medicina preventiva del territorio. Per cui nel territorio – anche nei Paesi poveri – continuare a mandare avvisi, perché ad un certo punto non è possibile che una malattia, assolutamente curabile, debba arrivare a dare tanta disabilità, quindi la perdita delle dita, le amputazioni, la cecità, tutte cose che potrebbero assolutamente essere evitate se il paziente venisse presto curato. Non è più neanche contagiosa, appena inizia ad essere curata. Quindi è una malattia che non dovrebbe assolutamente fare paura.








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