Oggi e domani, in occasione della Giornata della Memoria, è nelle sale italiane il film "Corri ragazzo corri" che il regista Pepe Danquart ha tratto dall’omonimo romanzo di Uri Orlev, il più importante scrittore israeliano per ragazzi: la Shoah realmente vissuta da un bambino alle prese con l'orrore della storia e la tenacia per la sopravvivenza. Il servizio di Luca Pellegrini:
"Il papà di Yurek: 'Figliolo, ascoltami, devi sopravvivere!
Non mollare mai! Devi dimenticare il tuo cognome, potrai dimenticare tutto: il tuo
nome, e tua madre e me! Però non devi mai dimenticare che sei ebreo, mi hai capito
bene?'
Yurek: 'Va bene, papà, lo prometto'”. (clip del film)
Deve nascondere a tutti chi è veramente, ma non dimenticare mai la propria origine, la propria discendenza, radicati in una fede e in una tradizione. I tempi terribili che il popolo ebraico sta vivendo, i più orribili di tutta la sua storia, dettano, scaturito dal cuore di un padre, quest'ordine al figlioletto Jurek: nascondersi, privarsi dell'identità senza mai perderla, per tentare di sopravvivere all'immane persecuzione nazista.
Corsa per la vita
E' il gelido inverno del 1943 e dopo quelle parole,
quelle lacrime e il sacrificio del padre, per Jurek, di appena otto anni, fuggito
dal ghetto di Varsavia, inizierà la vera corsa per la vita, tra boschi e villaggi,
campi e acquitrini, rifugiandosi sotto un ponte, in un fienile, tra le sterpaglie,
incontrando il meglio e il peggio dell'umanità: chi gli offre un pezzo di pane e un
tetto, chi lo disprezza con indifferenza, violenza e tradimenti. Il regista tedesco
Pepe Danquart ha cercato a lungo una storia che fosse emotivamente potente e ricca
di significato, straordinaria e commovente, raccontata da un punto di vista inedito,
quello di un bambino. E, soprattutto, realmente accaduta. L'ha trovata.
Una storia vera
Jurek che sporco e impaurito, coraggioso e indomito, corre e corre e si nasconde e
subisce il peggio che l'umanità sa esprimere quando la ragione, il cuore e l'amore
collassano dinanzi al male, è Yoram Fridman: oggi vive in Israele con figli e nipoti
e i ricordi di quella sua tragica odissea impressi nell’anima e sulla carne. Il film,
nel finale, ce lo fa vedere sulla spiaggia di Tel Aviv come se tutto ciò che ha vissuto
e che è stato così ben romanzato fosse stato soltanto un ricordo lontano nel tempo.
E' bello che nel film anche il cristianesimo, adottato da Jurek per passare indenne
tra l'orrore e la morte, non sia mai strumentalizzato: una donna cattolica, come hanno
fatto tante famiglie polacche, lo aiuta consegnandogli un rosario e spiegandogli che
cosa dire, lei mostrando il segno della sua carità e insegnando a lui quello della
Croce, cuore del dolore del mondo. cgNel momento
della scelta, Jurek semplicemente prenderà la strada che lo riconduce a casa e in
seno al suo popolo.
Oltre l'orrore della guerra
Il film, come scrive il regista, "è la storia dell'impietosa
brutalità di qualsiasi guerra, ma anche quella di quanti riuscirono a elevarsi al
di sopra dei suoi orrori e aiutarono coloro che altrimenti non sarebbero sopravvissuti.
Volevo raccontare una storia senza pessimismo, vera, fatta di forza, di speranza e
di coraggio". Jurek corre: nel suo affanno e nel suo tremore vediamo tutti i bambini
che oggi nel mondo combattono per restare vivi, come se la storia non avesse insegnato,
la violenza non fosse scemata e il peccato fosse rimasto impunito.
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