2015-01-28 14:10:00

Fondi Onu e Ue per rimpatriare i Tamil nello Sri Lanka


I Tamil fuggiti dallo Sri Lanka negli anni della guerra civile potranno finalmente iniziare a rimpatriare. Questa la promessa dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e dell’Unione Europea, che hanno stanziato fondi per aiutare il governo dello Sri Lanka a rimpatriare gli sfollati Tamil. Corinna Spirito ne ha parlato con Marzia Casolari, docente di Storia dell’Asia all’Università di Torino:

R. – Sicuramente, in modo positivo perché, se noi consideriamo che la guerra civile è finita nel maggio del 2009 e siamo all’inizio del 2011, quindi quasi sei anni dopo, il problema dei rifugiati e degli sfollati sia interni che internazionali era ancora aperto. Quindi sicuramente è un elemento positivo.

D. – Qual è stata la vita dei tamil nello Sri Lanka negli ultimi anni?

R. – Da un lato, il governo di Colombo ha teso effettivamente a riportare la stabilità e la pace sociale nel Paese. Però, la pace intesa nel senso di convivenza pacifica tra le popolazioni dello Sri Lanka è piuttosto controversa perché si tratta soprattutto di una "pax sinhala", cioè un processo volto a favorire l’identità sinhala dell’isola, quindi ad assimilare in qualche modo i Tamil e le altre componenti ai sinhala, quindi alla maggioranza cingalese.

D. – Perché arriva ora un intervento così importante da parte dell’Onu?

R. – Credo sia maturata la presa di posizione delle Nazioni Unite che in realtà risale a parecchio tempo fa. Il conflitto dello Sri Lanka è stato monitorato con grandi difficoltà dall’Onu sia nella fase di guerra aperta, sia soprattutto nella fase conclusiva della guerra, quando è stata attuata quella campagna di annientamento militare da parte del governo di Colombo nei confronti delle Tigri tamil campagna di annientamento in cui ci sono state delle pesanti violazioni dei diritti umani da parte dell’esercito e delle Tigri ovviamente. Però, nelle ultime fasi del conflitto e dopo la fine di questo, le Nazioni Unite hanno chiesto ripetutamente al governo di Colombo di risolvere il problema dei rifugiati, hanno tentato di mandare i propri osservatori con grandissime difficoltà e con l’opposizione del governo di Colombo. Quindi, credo che l’evento di oggi rappresenti il compimento di un’azione ripetuta che le Nazioni Unite hanno condotto sul governo di Colombo. Credo che il fatto che il governo di Colombo si sia deciso a risolvere il problema rappresenti un tentativo di normalizzare la situazione. Il governo di Rajapaksa non ha goduto di grande popolarità perché è stato accusato sia dall’interno che a livello internazionale di non rispettare i diritti delle minoranze, di non dare seguito alla realizzazione di quell’assetto multietnico dello Sri Lanka che invece molti si aspetterebbero. Non dimentichiamo che nello Sri Lanka oltre ai tamil e ai cingalesi, vivono cristiani e musulmani sia cingalesi che tamil. I musulmani sono soprattutto tamil. Però, al di là di tutto, le discriminazioni nei confronti dei musulmani o dei cristiani vanno oltre l’appartenenza prettamente etnica: lì gioca un fatto soprattutto di tipo religioso, almeno apparentemente. Poi, dietro queste etichette, ci sono sempre delle motivazioni di tipo economico e sociale.

D. – Quanto è stata importante la visita di Papa Francesco?

R. – Credo sia stata abbastanza determinante, anche il clima. Probabilmente, è stata una visita che ha avuto anche dei caratteri abbastanza informali, se vogliamo, però  è stato accolto con grande onore. La componente cristiana dello Sri Lanka, anche se piccola, è molto influente politicamente perché la diaspora è prevalentemente cristiana.








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