2015-01-29 14:48:00

Elezione presidente italiano. Il commento di Marco Tarquinio


A Montecitorio, i grandi elettori della Repubblica italiana hanno iniziato le votazioni per eleggere il 12.mo presidente della storia repubblicana. Da Enrico De Nicola, 1948, a Giorgio Napolitano, (2006-2015) passando per Einaudi, Gronchi, Segni, Saragat, Leone, Pertini, Cossiga, Scalfaro e Ciampi. Venerdì seguiranno altre votazioni: sabato potrebbe essere eletto il nuovo capo di Stato. L'assemblea dei grandi elettori del Pd ha infatti approvato all'unanimità la proposta di Matteo Renzi di indicare, dalla quarta votazione, Sergio Mattarella come candidato per il Quirinale. Nessun contrario e nessun astenuto. Luca Collodi ha chiesto a Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, se, nelle mutate condizioni culturali e sociali odierne, c’è realmente spazio per un cattolico al Quirinale:

R. – C’è sempre spazio per un cattolico al Quirinale! Qualcuno può dubitare, forse, che la tradizione del cattolicesimo politico abbia dato a questo Paese figure di estremo rilievo? La fondazione della nostra Repubblica, poi, non è frutto potente della cultura politica dei cattolici? Qualcuno può, forse, pensare una Conventio ad excludendum oggi? Sono fra quanti non credono ad una logica dell’alternanza per quanto riguarda il servizio della Suprema Magistratura della Repubblica, però credo che non possa esserci un ‘partito preso’ che escluda una figura che si riferisca alla cultura cattolica, per un ruolo di così importante garanzia.

D. – Se un nome restasse ancora coperto, si può pensare che questo sia un rappresentante del laicato cattolico?

R. – Si possono pensare molte cose… Io credo che ci sia una riserva della Repubblica formata da persone che hanno servito delle Istituzioni, anche per brevi periodi, o da persone che sono ai margini in questo momento della vicenda pubblica, diciamo così… Sono molto realista: per le condizioni date, per il quadro politico che abbiamo davanti, per il tipo di grande assemblea elettorale, credo che difficilmente si pescherà al di fuori di coloro di cui si parla. Se dovesse accadere, vorrebbe dire che siamo di fronte ad una situazione grave. Sappiamo che una rete di sicurezza, eventualmente, c’è. Ma sarebbe un’altra sconfitta della politica che non è in grado di esprimere un nome credibile e all’altezza. E questo sarebbe un problema!

D. – La minoranza del Pd sarà sotto il controllo di Renzi?

R. – Onestamente credo che questo sia uno dei punti chiave: Renzi si presenta forte e può uscire debole. Questa è la tentazione di coloro che lavorano contro l’attuale quadro di governo, contro il processo di riforma che è stato avviato.

D. – I grandi elettori si possono permettere di eleggere un capo dello Stato che non piace al popolo italiano?

R. – Tutti i presidenti che sono stati eletti, anche quando sono stati eletti di forza, nell’attimo esatto in cui venivano eletti diventavano, nel cuore e nella testa degli italiani, un punto di riferimento, una delle personalità, comunque, più stimate e amate ‘ipso facto’. Di questo bisogna tenere conto, perché carica di responsabilità la scelta. Però non si può pensare di dare agli italiani un segnale che non sia, per ripetere l’immagine che ha utilizzato l’arcivescovo di Genova, il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, una figura di chiara e dignitosa operosità per il Paese: qualcuno che abbia lavorato con vera dignità e fattività per l’Italia e per gli italiani. Se fosse una figura palesemente figlia solo di giochi politici, sarebbe una contraddizione! Rispetto a questo, penso che la classe politica pagherebbe un alto prezzo nei confronti dell’opinione pubblica, già scettica e un po’ disgustata a tratti.

D. – Comunque vada, direttore Tarquinio, sarà una vittoria della Prima Repubblica?

R. – Io credo che questo presidente sarà un presidente che dovrà necessariamente accompagnare la fase del riequilibrio, della riforma di un sistema che è palesemente logorato in alcune parti, che ha un patrimonio da preservare, che è il sistema dei valori, che costituiscono le fondamenta della nostra Carta Costituzionale e del vivere e convivere civile degli italiani; farlo nel tempo nuovo e accelerato nel quale dobbiamo di nuovo imparare a convivere con le differenze, perché sono fra noi, nella nostra società, in un momento duro e difficile, anche sullo scenario mondiale. Avere un punto di riferimento alto e sicuro a cui guardare aiuta a mantenere la rotta e a sentirsi a casa propria.

D. I parlamentari cattolici sono fuori gioco nel decidere il nuovo presidente della Repubblica Italiana?

R. – I cattolici possono fare una cosa molto grave, in questo frangente: potrebbero giocare, nel nome di piccole fazioni, contro uno di loro. E’ già accaduto nelle vicende delle elezioni al Qurinale, è accaduto per tutto i vent’anni della cosiddetta Seconda Repubblica. Credo che sarebbe un pessimo inizio del tempo nuovo, se si riproducessero questi vizi! Questa è la parte che non vorrei vedere! Ma ho molta fiducia, perché penso nel cattolicesimo politico, quello che già vediamo sulla scena, quello che può contare nella straordinaria vitalità dell’impegno sociale dei cattolici, un giacimento di valori e di energie che sono una vera riserva del nostro Paese. C’è bisogno di spenderla ed investirla, perché questo è un Paese che ha bisogno di rimettersi in modo con slancio. I cattolici non sono mai stati così attenti alle nuove povertà, alle difficoltà, alle opportunità, che nel nostro Paese è necessario e possibile cogliere, e non sono stati mai così scettici nei confronti della politica. C’è bisogno di un cambio di passo. La scelta di un presidente della Repubblica all’altezza, può aiutare a credere che questo sia possibile. Io me lo auguro, perché penso che sia anche necessario: l’Italia è un Paese che senza un laicato cattolico impegnato nel sociale è più povero e meno lucido nelle scelte che bisogna fare per il domani.








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