2015-01-29 13:10:00

Tsipras rilancia dialogo con Ue. Russia pronta ad aiutare Atene


"La Grecia ha un progetto di grandi riforme e non vuole insistere nell'errore dell'austerità". Lo ha detto Alexis Tsipras dopo l'incontro avuto ieri col presidente del Parlamento europeo Martin Schulz. Intanto in aiuto di Atene potrebbe intervenire la Russia. Alessandro Guarasci

Tsipras non vuole più l’austerità, ma non vuol far saltare il banco. Insomma, l’obiettivo è rinegoziare il debito con l’Ue e prendere tempo sulle riforme. Tsipras ha definito il colloquio avuto con Schulz, venuto ad Atene proprio per avviare i contatti tra l'Ue ed il nuovo governo ellenico, "utile e costruttivo". Il premier greco ha affermato che “per quattro anni il popolo greco ha vissuto quotidianamente il fallimento del programma della svalutazione interna. In sostanza pagava per gli errori degli altri".

Intanto la Russia sembra disponibile a fornire aiuti finanziari alla Grecia. Lo ha dichiarato il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov.  La Grecia non ha ancora avanzato alcuna richiesta, ha precisato il ministro, ma "se lo facesse lo prenderemmo sicuramente in considerazione". 

Dell'attuale situazione economica della Grecia e delle prospettive di braccio di ferro con l'Ue Fausta Speranza ha parlato con Leonardo Becchetti, docente di Economia politica all’Università Tor Vergata:

R. – La Grecia adesso ha un surplus primario dell’un per cento, quindi le entrate sono superiori alle uscite. Dal punto di vista del bilancio, un aggiustamento c’è stato. Anche perché l’Unione europea si è decisa finalmente a fare quello che gli Stati Uniti hanno fatto sette anni fa e il tasso di cambio è sceso; quindi la macroeconomia, che regola un po’ queste cose, ha avuto il sopravvento. Poi, ovviamente, la Gecia non deve esagerare, adesso non deve allentare completamente la disciplina: il Pil sta ripartendo, sarebbe un peccato perdere questo momento con una spesa di nuovo fuori controllo, di nuovo esagerata.

D. - Però c’è il debito da ripagare?

R. - Il debito intanto è stato ristrutturato due volte, quindi le ristrutturazioni sono all’ordine del giorno. A mio avviso, il punto di equilibrio è quello di fare  pagare un tasso di interesse più basso alla Grecia. Questo non vuol dire che nessuno ci perde perché i conti del debito vanno fatti molto bene. I Paesi che hanno fatto il prestito, tra cui il Fondo monetario e la Banca centrale europea e gli Stati membri, guadagnano interessi su questo debito e hanno anche fatto guadagni in capital gain, rivendendo i titoli che erano stati comprati a prezzi stracciati. Quindi, io credo che si potrebbe trovare un punto di equilibrio, di mezzo e far pagare alla Grecia meno di quello che dovrebbe nominalmente in questo momento.

D . – Il risanamento è stato possibile anche con la solidarietà dell’Unione europea e c’è da dire pure che per anni Atene ha presentanto a Bruxelles conti truccati; e poi c’erano anche problemi strutturali nel Paese: pensioni a 40 anni non sostenibili, un’amministrazione pubblica assolutamente elefantiaca, sproporzionata al numero di abitanti. In questo momento, ci sono ancora riforme fondamentali da fare nel Paese. O sono state fatte? Com’è la situazione?

R. - Senz’altro, questa era la situazione pregressa che ha portato poi i problemi della Grecia. Da questo punto di vista, bisogna combinare i due principi. Il primo è quello del mantenimento della disciplina, che è comunque un principio importante, e il secondo è il principio invece del “dono”. Il principio del dono esiste nelle trattative, nelle negoziazioni: pensiamo al piano Marshall dopo la Seconda Guerra mondiale e pensiamo a cosa è successo con la mancata applicazione del dono dopo la Prima Guerra Mondiale con la Germania. Questa è un po’ la sfida che si ha di fronte, al di là delle schermaglie dialettiche che saranno sicuramente molto aspre. Quello che è importante è che si trovi un punto di incontro intermedio tra l’Ue e la Grecia.

D. – Ci permettiamo un flash su altri Paesi, perché abbiamo lasciato anche l’Irlanda con un prestito da parte dell’Unione europea e tutto un programma da rispettare. Anche il Portogallo e altri Paesi hanno avuto delle crisi, ma forse il paragone più calzante è quello tra Grecia e Irlanda per i tracolli vissuti..

R. – Sì, gli altri Paesi sicuramente hanno saputo recuperare meglio. Teniamo conto di una cosa: l’Irlanda si avvale anche di una disciplina fiscale che fa dumping nei confronti degli altri Paesi. Il problema dell’armonizzazione fiscale è un altro problema enorme che l’Unione europea sta, per fortuna, iniziando a risolvere, anche sotto spinta del governo italiano. L’Irlanda in altri termini sottrae risorse fiscali agli altri Paesi perché ha tasse molto basse. Ora, non ci sarebbe niente di male in questo ma all’interno di un’Unione come quella europea le aliquote dovrebbero essere in un certo senso armonizzate per non creare squilibri. In ogni caso, sicuramente ci sono Paesi che hanno fatto meglio, come l’Irlanda, e Paesi che hanno fatto peggio.

D. – In campagna elettorale sono volate parole grosse: uscita di Atene dall’euro, uscita dall’Unione europea… Sapevamo che non ci credeva nessuno e che erano slogan di campagna elettorale… E infatti, nell’immediato post voto, già abbiamo visto che i toni sono diversi…

R. – Assolutamente. Abbiamo visto che la Svizzera, la Danimarca, piccoli Paesi ma molto solidi e con una grande reputazione finanziaria, fanno una fatica enorme a navigare da soli con le loro valute in un mondo difficile come quello globale, attraversato da tempeste speculative praticamente quasi ogni giorno. Quindi, io credo che nessuno oggi sogni di poter andare da solo, soprattutto Paesi che non hanno una reputazione forte, come la Grecia e l’Italia.








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