Francia, vescovi: nella malattia, felicità è possibile
È incentrato sul rapporto tra la felicità e la fragilità
della malattia il messaggio che mons. Maurice Gardès, arcivescovo di Auch, in Francia,
ha diffuso in vista della “Domenica della salute”. La giornata verrà celebrata domenica
prossima, 8 febbraio. Nel documento, il presule nota come oggi sia ritenuto quasi
“scandaloso” associare due parole come felicità e fragilità, soprattutto di fronte
alle situazioni difficili della vita contemporanea: malattie, sofferenze, divorzi,
violenze, disoccupazione, gli ostacoli della quotidianità che “lasciano all’uomo poco
tempo per rispondere a sogni e desideri”.
Felicità non è edonismo, ma accettazione della
fragilità umana
“Da dove deriva, allora, la felicità?", SI domanda
il presule. "Oggi – prosegue – si pensa che essa risieda nel denaro, nella bellezza,
nel successo professionale” e per questo si temono le fragilità e le debolezze. In
realtà, sottolinea mons. Gardès, è proprio “l’accettazione della fragilità, l’abbandonarsi
ad essa che permette di raggiungere la serenità”, perché “accettare la sofferenza
può aiutare a limitarla”. “Non c’è una felicità esterna alle nostre debolezze – aggiunge
l’arcivescovo di Auch – perché essa è possibile nel cuore stesso delle nostre fragilità.
Tutto dipende da come queste vengono recepite e vissute”.
Il richiamo alle Beatitudini
Di qui, il richiamo del presule a guardare alle Beatitudini,
che la società considera “l’anti-felicità” perché lontane da un’ottica meramente edonistica
e a seguire i loro insegnamenti restando accanto ai sofferenti. “Nelle nostre debolezze
– spiega mons. Gardès – la presenza di un fratello, di un amico, di qualcuno che ci
resti vicino, è come un balsamo sulla ferita, e permette alla felicità di raggiungere
la nostra interiorità, senza fermarsi in superficie”.
“Una mano sulla bellezza del mondo e una
sulla sofferenze degli uomini”
Citando, poi, lo scrittore gesuita padre François
Varillon, il quale ricordava che bisogna avere “una mano sulla bellezza del mondo,
una mano sulle sofferenze degli uomini e i due piedi nei doveri del momento presente”,
mons. Gardès ribadisce che “tutti i cristiani sono chiamati ad avere cura delle persone
più fragili e non c’è Vangelo, né vita cristiana, senza l’accettazione della fragilità,
senza spirito di servizio nei confronti dei più piccoli, dei più poveri, dei più deboli”.
“La fragilità e la felicità – conclude il presule francese – non sono possibili se
non insieme, nella sequela di Gesù”. (I.P.)
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