Don Mussie Zerai, fondatore e presidente dell’agenzia Habeshia, è tra i candidati al Premio Nobel per la Pace. Il suo nome – informa una nota dell’agenzia stessa – è stato proposto da Kristian Berg Harpiken, direttore dell’Istituto di ricerca internazionale di pace di Oslo, per l’opera che svolge da anni, proprio attraverso Habeshia, in difesa dei diritti e della vita stessa dei richiedenti asilo e dei migranti in fuga da guerre, dittature, terrorismo, persecuzioni, fame e miseria. Si tratta, naturalmente, solo del primo gradino verso il riconoscimento, che verrà assegnato nel prossimo mese di dicembre.
Andare nelle periferie e schierarsi dalla parte degli ultimi
Don Zerai è stato informato della candidatura mentre
si trovava a Zurigo, dove svolge la sua missione pastorale per la comunità eritrea
ed etiopica riparata in Svizzera. “Mi fa piacere – ha dichiarato – ma fermiamoci qui.
In realtà, io faccio solo ciò che ritengo giusto. Mi limito a cercare di attuare quello
che proprio il Papa ha indicato fin da quando si è insediato: andare verso le periferie
e schierarsi dalla parte degli ultimi della terra, per guardare ai problemi con i
loro occhi. Niente di più”.
Un passato da profugo
Noto come “l’angelo dei profughi”, don Zerai stesso
ha un passato da profugo: nato in Eritrea, ad Asmara, è espatriato fortunosamente
in Italia nel 1992, appena diciassettenne, come rifugiato politico. Diventare attivista
per i diritti umani è stato quindi lo sbocco naturale della sua vita, grazie anche
agli studi compiuti: Filosofia a Piacenza dal 2000 al 2003, Teologia nei cinque anni
successivi e poi Morale sociale presso l’Università Pontifica Urbaniana fino al 2010,
quando è stato ordinato sacerdote. Subito dopo, nella tarda estate dello stesso anno,
è stato il primo a segnalare la tratta degli schiavi nel Sinai.
Un impegno incessante contro un crescendo di orrori
Da allora, c’è stato un crescendo di orrore: i trafficanti
rapiscono le persone direttamente dai centri di soggiorno provvisorio sparsi tra il
Sudan e l’Etiopia, mentre le crisi, le rivolte, le guerre, le carestie esplose dal
2010 a oggi continuano a produrre fuggiaschi e richiedenti asilo. E l’impegno di Don
Zerai si è moltiplicato: è stato più volte sentito dall’Alto Commissariato dell’Onu
per i rifugiati; nel giugno 2012 ha avuto un’audizione ufficiale con l’allora segretario
di stato americano Hillary Clinton a Washington. E' stato convocato dalle Commissioni
affari interni e per i diritti dell’uomo dell’Unione Europea, alle quali ha consegnato
in particolare, all’inizio del novembre 2012, un rapporto sulle terribili condizioni
dei centri di detenzione in Libia. Nel 2013 e lo scorso anno, ha avuto tre incontri
a Bruxelles sulla situazione in Libia e nel Mediterraneo e un confronto sul traffico
di esseri umani con il commissario Ue Cecilia Malmstron.
Cambiare la politica nel sud del mondo
“Ma è ancora soltanto l’inizio di un lavoro lungo
e difficile", continua a ripetere il sacerdote. "Questa enorme tragedia troverà soluzione,
come ha ammonito Papa Francesco, solo quando i potenti della terra cambieranno la
loro politica nei confronti del sud del mondo, degli ultimi della terra”. (I.P.)
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