2015-02-07 13:51:00

Timor est: si dimette Gusmao, eroe dell'indipendenza


Il primo ministro di Timor Est, Xanana Gusmao, ha rassegnato le dimissioni e deciso di ritirarsi dall’attività politica. L’ormai ex-premier è stato uno degli eroi della lotta per l’indipendenza del Paese contro l’occupazione indonesiana. Una guerra che causò oltre 170 mila morti che terminò anche grazie agli sforzi dell’ex presidente Horta e del vescovo Carlos Belo, insigniti del premio Nobel per la pace nel 1996. Sulle ragioni della decisione politica di Gusmao e sulla situazione nel Paese, Michele Raviart ha intervistato il prof. Romeo Orlandi, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Asia:

R. - Ufficialmente si è dimesso perché vuole dare spazio ad una nuova generazione di politici. In realtà ha 68 anni, è stato presidente della Repubblica, primo ministro, è stato incarcerato per tanti anni, ha guidato la resistenza ed è comprensibilmente stanco. Sullo sfondo rimangono tuttavia i due grandi problemi di Timor Est: la conversione dei quadri militari, che hanno condotto un’eroica resistenza, in amministratori civili e in dirigente pubblici e, dall’altra parte, se non si riesce a far crescer il Paese economicamente, poi alla fine ci sarà sempre bisogno di queste figure carismatiche che impediscono lo scoppio di violenze, come è successo negli ultimi anni.

D. - Al confine con l’Australia sono stati scoperti giacimenti di petrolio e gas naturale, eppure metà della popolazione di Timor Est vive in povertà. Perché?

R. - Perché non c’è un’industria manifatturiera, che teoricamente sia nei Paesi di prima industrializzazione sia nei Paesi cosiddetti “emergenti” è in grado di trainare l’intera economia. Tutto passa per la trasformazione delle materie prime che, anche lì, non sono irrilevanti. Non c’è solo il petrolio, ma c’è anche il caffè, ci sono altri prodotti agricoli, il marmo … E infatti, nonostante i tassi di crescita rilevanti del Pil - otto-dieci percento annuo - il Paese non riesce a sconfiggere il sottosviluppo perché prigioniero del passato. E il fatto che non liberi energie lo rende ancora più prigioniero del passato. Per cui il cambio di posizione tra Horta e Xanana Gusmao va interpretato in quest’ottica: il fatto che il Paese non si è ancora liberato dal sottosviluppo.

D. – Timor Est è un Paese cattolico nell’arcipelago indonesiano. Ci sono tensioni con i musulmani?

R. – Forse pecco di ottimismo, ma tenderei a dire che queste tensioni sono in diminuzione. Non che non esistano, ovviamente. Però l’Indonesia dopo la caduta del regime di Suharto ha dato dimostrazione di volere abbracciare la democrazia, la tolleranza, il dialogo interreligioso in maniera più convinta che nel passato. Il Paese, ricordo, ha 240 milioni di abitanti e circa l’85 è percento è musulmano – è il più grande Paese musulmano al mondo - ma non è un Paese che noi chiameremmo “integralista” secondo i nostri canoni, e che quindi cerca nel dialogo una risoluzione tra queste differenze etniche e religiose. Timor Est non è una spina nel fianco cattolica in un Paese musulmano, ma è un Paese con il quale l’Indonesia ormai da tempo è abituata a convivere cercando di dimenticare le ferite del passato.

D. - Timor Est è indipendente dal 2002. Che Paese è oggi? Che bilancio possiamo tracciare di questa che è una delle ultime decolonizzazioni …

R. - È il primo Paese nato in questo millennio. Possiamo tracciare un bilancio in chiaroscuro: l’indipendenza si è consolidata, i pericoli per la sopravvivenza del Paese sembrano essere confinati, però fino ad ora il Paese ha mancato l’appuntamento con lo sviluppo. L’importante è che sia libero e indipendente e che la lotta di chi ha cercato questa indipendenza sia stata ricompensata nonostante le sofferenze. Tuttavia considerando le risorse naturali, la posizione e la simpatia internazionale che aveva stimolato, si sarebbe potuto fare di più.








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