2015-02-08 13:47:00

Don Colombo: bimbi con 3 dna, a rischio salute e identità


La Gran Bretagna si appresta ad autorizzare - dopo il sì della Camera dei Comuni che sarà con ogni probabilità confermato dalla Camera dei Lord - la creazione di embrioni con il dna di tre genitori, che eviterebbe alle donne portatrici di gravi malattie genetiche di trasmetterle ai figli. Roberta Gisotti ha intervistato don Roberto Colombo, docente di Neurobiologia e Genetica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:

D. – Prof. Colombo, la prospettiva appare spaventosa se andiamo a toccare l’identità originaria della persona umana …

R. – Questa tecnologia riproduttiva non rappresenta solo una variante della fecondazione in vitro, che da oltre 35 anni viene applicata alle coppie infertili; non si tratta di una semplice ‘miglioria’, come l’iniezione intracitoplasmatica dello sperma introdotta nel 1992; e neppure di una tecnica di diagnosi genetica pre-impianto per l’identificazione e la selezione degli embrioni sani da trasferire in utero. Se così fosse, la riflessione antropologica ed etica non potrebbe che limitarsi a ribadire un giudizio severo sulla dissociazione tra l’atto personale di amore dei coniugi e la generazione di un figlio, dissociazione arbitraria che è attuata da ogni forma di fecondazione extracorporea. In questo caso, invece, si tratta di una manipolazione di due ovociti con scambio di genoma mitocondriale, prima della fertilizzazione di uno di essi. Questo solleva ulteriori e gravi questioni che riguardano l’identità genetica del nascituro: l’introduzione di una nuova figura genitoriale e anche il rischio biologico connesso al trasferimento di un delicato nucleo femminile, e alle interazioni dell’espressione genica nucleare con quella mitocondriale.

D. – Qualcuno parla di ‘accanimento riproduttivo’: lei condivide questa espressione?

R. – Forse l’espressione è un po’ forte, ma ci aiuta a comprendere che il rilievo antropologico del contributo del genoma genitoriale alla filiazione, come atto generativo umano, non è quantitativo, ma qualitativo; non si tratta semplicemente di una forma di terapia, ma della sostituzione di una parte del patrimonio genetico che contribuisce alla identità del nascituro. L’osservazione che il Dna mitocondriale esprime solo 37 geni rispetto alle decine di migliaia di quello nucleare, non esime questa tecnica dalla critica di essere una manipolazione del genoma umano, che altera deliberatamente – e anche permanentemente – l’identità genetica del figlio.

D. – Nel dicembre scorso, una sentenza della Corte di Giustizia europea ha autorizzato la commercializzazione degli ovociti femminili. C’è forse un collegamento con la nuova legge che sarà varata in Gran Bretagna?

R. – L’introduzione di una nuova figura di donatore – la donatrice di citoplasma – come previsto dalla legge che potrà essere approvata definitivamente in Gran Bretagna, non costituisce una figura geneticamente neutrale nel processo generativo; essa rappresenta, invece, una forma di contributo eterologo alla procreazione, che espande ulteriormente il quadro delle figure genitoriali, frammentando e decostruendo quella unità antropologica dei due – uomo/donna – che sono chiamati a generare nella carne un nuovo soggetto di pari dignità, con un atto umano unico e univoco, che non può diventare oggetto di commercializzazione.

D. – Ma ci si rende davvero conto da parte dei Parlamenti, dei politici e dei Tribunali, dei giudici, e quindi dei poteri legislativi e giudiziari, della complessità delle materie su cui legiferano e sentenziano?

R. – E’ stato fatto notare da diversi studiosi – sia scienziati medici, sia bioeticisti sia giuristi – quanto sia delicata la materia sulla quale sono stati chiamati a legiferare nel Parlamento britannico. Queste voci sembrano essere rimaste inascoltate. Ci auguriamo che, in un prossimo futuro, la riflessione su questi temi travalichi l’ambito accademico o del dibattito pubblico, e arrivi fin là dove si genera la legislazione, perché si comprenda quanto questa materia sia delicatissima, perché attiene al rapporto tra le generazioni, all’identità della nostra persona, alla corporeità, alla salute e alla malattia di cittadini.








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