2015-02-08 08:38:00

Papa a Pietralata: parrocchia, unico raccordo del quartiere


Tutto pronto nella parrocchia romana di San Michele Arcangelo a Pietralata per la visita pastorale di Papa Francesco. Nel pomeriggio, il Pontefice prima della celebrazione della Santa Messa incontrerà gli ammalati, le persone senza fissa dimora, i bambini e i ragazzi della catechesi. Previsto anche un momento dedicato alle confessioni. Per conoscere come la comunità parrocchiale si è preparata a questo importante evento, Federico Piana ha intervistato il parroco, mons. Aristide Sana:

R. – Una battuta: ci stiamo preparando come si preparano a San Pietro! Perché la notizia, man mano che si è diffusa, ha interessato non solo i frequentatori abituali o i componenti dei vari gruppi parrocchiali ma ha interessato tutto il quartiere di Pietralata che ha la nostra parrocchia come centro, ma in realtà Pietralata poi è stata divisa in più parrocchie, per cui ci sarà grande attenzione. Si sono mosse molte persone, soprattutto persone malate; ovviamente i bambini del catechismo e le loro famiglie sono molto curiose di incontrare il Papa; i più piccoli stanno scrivendo anche lettere al Pontefice, che consegneremo alla fine. Tutti vorrebbero essere presenti e questo ci complica un po’ le cose, però è bello vedere tanta gioia.

D. – Con che spirito è stata accolta questa notizia da parte dei parrocchiani?

R. – A parte che è arrivata un po’ come un fulmine a ciel sereno, gradito, ma al momento ho avuto paura che mi dicessero: “Ma stai scherzando o stai dicendo sul serio?”. Però subito c’è stata molta contentezza.

D. – Come nasce la parrocchia, in che quartiere si situa, anche dal punto di vista sociale, che popolazione c’è, le difficoltà?

R. – E’ nato come bonifica dell’Opera nazionale combattenti e ci sono ancora case che riportano la targa di questa bonifica. E la bonifica ha portato a Roma soprattutto famiglie che venivano dalla campagna romana, cioè dai paesi dell’alto Lazio, specialmente dalla Valle dell’Aniene. Per cui c’erano tutti questi piccoli villaggi, alcuni sono rimasti ancora. Poi, successivamente, negli anni ’40 e anche dopo, sono arrivati vari gruppi di sfollati, molti forzati perché stavano facendo gli sventramenti per fare via dei Fori Imperiali, via della Conciliazione: queste famiglie venivano sfrattate, portate qui quasi di peso. Sono nate le prime abitazioni, che poi erano quasi tutte baracche. Nel ’53 è cominciato il risanamento, nel ’60 c’è stato il boom edilizio e sono arrivate le case popolari alle quali si sono sovrapposte cooperative, altre costruzioni molto più intensive. Tutte queste parti non si sono mai integrate, perché non c’è mai stato un piano edilizio e anche adesso tutto il quartiere ne soffre. Sono tutte isole e l’unico raccordo è proprio la parrocchia.

D. - Dal punto di vista sociale che situazione c’è attualmente?

R. – Molto variegata, quelli che sono venuti per primi erano piccoli operai, muratori, imbianchini e lì il tasso di disoccupazione è più alto. Ci sono zone più povere e zone che non sono ricche però insomma nemmeno soffrono così tanto. Naturalmente poi ci sono problemi trasversali, riguardo al lavoro dei giovani.

D. - Il ruolo della parrocchia in questo contesto qual è?

R. – Diciamo che la parrocchia è sempre stata molto attenta. Agli inizi, il parroco che c’era fece fare scuole professionali, insieme alle suore per il lato femminile, perché prima della guerra ma soprattutto dopo c’era bisogno di dare un mestiere, un lavoro. Non c’erano scuole professionali. Solo dopo nacquero i grossi centri salesiani. Poi, negli anni in cui è cominciato il risanamento, il fatto assistenziale è sempre stato importante.

D. – Quali frutti vi aspettate da questa visita?

R. – Penso, anzi sono sicuro, che sia una grazia, uno stimolo alla speranza. Credo che il frutto maggiore sia questo.








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