Tra i neo-cardinali c’è l’arcivescovo uruguayano di Montevideo, Daniel Fernando Sturla Berhouet, 55 anni, salesiano. Mercedes de la Torre gli ha chiesto quale messaggio arrivi da questo Concistoro:
R. – La alegria que el Papa Francisco…
La gioia che Papa Francesco ha dato alla Chiesa con
la nomina dei nuovi cardinali, l’internazionalizzazione del Collegio cardinalizio
che continua ed anche il fatto che siamo una Chiesa con una forza evangelizzatrice
molto forte. Speriamo che tutti noi cristiani sappiamo approfittare di tutto l’impulso
che il Papa sta dando alla Chiesa, per andare verso coloro che non conoscono Cristo,
in molti luoghi come il mio Paese; per andare verso coloro che avendo conosciuto Cristo
si sono allontanati dalla pratica della fede.
D. – Un Papa latinoamericano, nuovi cardinali latinoamericani: cosa può apprendere la Chiesa universale dalla Chiesa in America Latina?
R. – La Iglesia en America Latina…
La Chiesa in America Latina è una Chiesa molto vicina
alla gente, con la quale la gente si identifica molto. Questo credo sia molto importante,
come anche l’impegno verso i più poveri, nella Chiesa latinoamericana. Abbiamo l’esempio
del prossimo Beato, mons. Romero, che credo indichi una strada. E poi le caratteristiche
di sempre della Chiesa latinoamericana, che sono molto belle, come la fedeltà verso
il Papa e l’amore per la Santissima Vergine. Credo che siano cose importanti, che
possiamo portare.
D. – Qual è il ruolo dei laici nella Chiesa?
R. – Bueno, se dice que son…
Beh, si dice che siano il “gigante che dorme”, però
è già da tempo che si dice, così speriamo sia arrivato il momento che si svegli! Senza
dubbio, i laici nella Chiesa assumono un ruolo di primo piano sempre più grande. Sebbene
manchi ancora tantissimo da fare, però è questione di mettersi a lavorare con quel
senso che ci dà il Battesimo e la Cresima, che invita tutti noi cristiani a sentirci
apostoli di Cristo, bisognosi di testimoniare il suo amore al mondo.
D. – Quali sono le sfide principali nella sua diocesi, a Montevideo?
R. – Bueno, Uruguay tiene una experiencia…
Beh, l’Uruguay ha un’esperienza molto forte di secolarizzazione:
è il Paese più secolarizzato dell’America, il Paese con il maggior numero di atei
ed agnostici. Quindi questa è una grande sfida per noi: come essere una Chiesa che
abbia una chiara identità, vissuta con gioia e simpatia e, allo stesso tempo, come
essere attivi in una società plurale e laica, in cui siamo apprezzati, non per un
privilegio – diciamo così – perché non ne abbiamo nessuno, ma per quello che semplicemente
possiamo fare nella testimonianza di fede a Cristo e nei servizi che la società apprezza
della Chiesa, soprattutto in campo educativo e nel campo della promozione sociale.
D. – Qual è la priorità nella sua azione pastorale?
R. – Sin duda que està el llegar…
Senza dubbio c’è quella di arrivare ai settori più
popolari della mia arcidiocesi. La secolarizzazione in Uruguay, infatti, a differenza
di altri Paesi, è arrivata molto fortemente nel popolo. Quindi è nei settori popolari
dove si percepisce che è cresciuta molto l’indifferenza religiosa. Questo si nota
poi nella mancanza di senso della vita, che molti hanno nel mio Paese. Questo mi fa
male, soprattutto quando si tratta di giovani, per lo spirito di Don Bosco che è in
me. Quindi la sfida di annunciare Cristo, sapendo che in Cristo si può trovare un
senso alla vita. Tanta gente in qualche modo cammina senza direzione. Io credo che
questa sia la sfida maggiore.
All the contents on this site are copyrighted ©. |