2015-02-16 15:04:00

Bachelet, le radici cristiane dell'impegno civico


"In quegli anni erano potenziali bersagli tutti quelli che erano impegnati nella difesa della democrazia, coloro che rappresentavano in maniera più chiara lo Stato democratico". Giovanni Bachelet, figlio del giurista cattolico, vicepresidente del Csm, Vittorio Bachelet, ucciso dalle Brigate Rosse il 12 febbraio di 35 anni fa all'Università La Sapienza di Roma, ricorda il contesto in cui avvenne l'omicidio del padre. "Mio padre Vittorio - spiega - nel dopoguerra, nell'ambiente della Fuci e dei laureati di Azione cattolica, era stato educato come credente a considerare la democrazia un bene di tutti, a cui i cristiani decono partecipare e a considerare la libertà un bene prezioso". 

Un impegno civile radicato nel Vangelo

"Per Vittorio Bachelet l'impegno del credente nella storia era un impegno profondo che nasceva dalla vita di fede ma si allargava a tutte le dimensioni, inevitabilmente anche a quella civica e sociale", spiega Giuseppe Notarstefano, vicepresidente nazionale dell’Azione Cattolica. "Per Bachelet per un cristiano l'impegno civico significava formarsi e dare alla propria comunità un contributo con la propria professione, il proprio rigore e la propria competenza. Lo stesso impegno pubblico era preparato da una serie di azioni che fanno del cristiano un cittadino che vive con coerenza e intensità la sua appartenenza alla città".

La rivoluzione della competenza e dell'onestà

"In in libro di Sergio Paronetto, 'Professione e rivoluzione" che mio padre mi regalò  - racconta Giovanni Bachelet - si leggeva che la prima rivoluzione era svolgere ogni professione con il massimo della competenza tecnica e il massimo dell'onestà. Già allora l'impegno civico era una precondizione all'attività politica. Questo legame profondo tra l'impegno quotidiano e l'eventuale impegno politico era proprio alla base della personalità di mio padre". 








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