2015-02-18 15:08:00

Funerali Ferrero. Mons. Lanzetti: uomo mai sul piedistallo


La città di Alba si è fermata stamattina per rendere l’ultimo omaggio a un suo figlio illustre, Michele Ferrero, patron dell'omonima industria dolciaria, scomparso sabato scorso a 89 anni a Montecarlo. I funerali sono stati celebrati in cattedrale dal vescovo, mons. Giacomo Lanzetti, che ha ricordato le qualità di Ferrero sotto il profilo umano, sociale e imprenditoriale e la sua convinta adesione alla fede. "Sappiamo quanto ha fatto per Alba e non solo, quanto si è speso in tanti anni fino alla fine", ha detto il vescovo sottolineando: “Tutte le famiglie albesi sono in lutto”. Alla cerimonia molte le personalità presenti, a cominciare dal presidente del consiglio, Matteo Renzi e dal presidente del Piemonte, Sergio Chiamparino, secondo cui Michele Ferrero ''è stato un grande  innovatore, un grande imprenditore che ha saputo coniugare l'interesse del territorio con lo sviluppo dell'impresa che è diventata globale''. Nell'intervista di Adriana Masotti, mons. Lanzetti sottolinea la modestia di Ferrero e il suo essere tutt'uno con la sua terra:

R. – Mi esprimo in questo modo perché Ferrero è un uomo che non è salito su un piedistallo, non ha preso distanze. E' stato con la gente, ha permesso alla gente di crescere e di non spopolare l’Alta Langa, si è fatto uno di loro… Mandava a prendere con i pullman gli operai e le ragazze, perché non fossero sbandate… Diciamo che è stato una persona attenta a ogni famiglia e ognuno ha una partecipazione, come fosse un familiare, a questo lutto: sentono che quest’uomo li ha accompagnati come fosse stato uno della loro famiglia, ecco. Poi, certo, c’è tutta la logica di questa industria a livello internazionale, questa multinazionale, che sta facendo un gran bene in venti e più nazioni, promuovendo il lavoro, promuovendo le imprese sociali…

D. – Lei parla di sentimento di riconoscenza nella gente. Quindi, Ferrero ha amato il suo territorio, la sua gente, ma poi anche quando è andato all’estero ha pensato anche alla gente di quel luogo, che poteva lavorare e crescere…

R. – Questo stile l’ha portato all’estero e l’ha portato sempre in chiave molto umana, molto familiare, non mettendosi al comando ma cercando di suscitare le energie nuove in questi nuovi luoghi di espansione, per dare futuro anche agli stessi operai, alla stessa imprenditoria che c’è ad Alba: perché possa essere il fulcro di una proposta valida, una proposta che ha bisogno di specializzazione, di gente sempre più competente e preparata per affrontare il mercato mondiale, ma soprattutto la promozione umana, perché il dialogo che lui instaura, fondando una fabbrica, non è solo un dialogo di guadagno o di vendita.

D. – Naturalmente, ha dovuto anche affrontare dolori personali forti, come quello della morte del figlio…

R. – Certo. E in quel momento, l’ho visto un po’ più abbattuto. Poi, quando ha capito che toccava a lui – perché gli anni c’erano: 89, incominciava a scricchiolare la salute – ha preparato in modo manageriale la sua partenza, l’ha proprio programmata nella preghiera, nell’atto di fede, nella devozione alla Madonna, nell’offrirsi al Signore… E mi pare che lasci un “dopo” molto valido, molto interessante. Per esempio – adesso, non so se faccio bene a dire questo – nessun imprenditore italiano o del mondo, quando un suo dipendente muore per incidente o malattia, gli assicura tre anni di stipendio ancora, dopo la morte, come se fosse ancora un suo operaio. Come pure tutta la parte assistenziale: i bambini, l’asilo, tutto lì sul posto, anche le attività di attenzione al lavoro che deve proseguire. Facciamo un esempio: se una mamma deve chiedere un’ora di permesso per andare a comprare le medicine per i figli o per la famiglia, deposita la ricetta nella portineria della fabbrica. Quando esce, a mezzogiorno o la sera, trova le medicine, già pagate. Cioè, c’è una grande attenzione alla fatica del lavoro ma anche a creare quella famosa "comunità di lavoro", che è simile a una comunità ecclesiale.








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