2015-02-18 14:00:00

Papa: digiuno, preghiera, elemosina per aprirsi a Dio e ai fratelli


Oggi, Mercoledì delle Ceneri, inizia il tempo forte della Quaresima. All’udienza generale il Papa ha detto che “la Quaresima è un tempo favorevole per intensificare la … vita spirituale” nelle due dimensioni dell’amore per Dio e del prossimo. Seguendo quanto dice l’apostolo Paolo: “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio”, ha esortato a sentire “questo richiamo rivolto personalmente a ciascuno di noi” e a metterlo “in pratica con generosità”. Ha quindi invitato i fedeli a “riscoprire di nuovo la bellezza della fraternità, a viverla e ad espanderla” intorno ad essi. Salutando i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli ha ricordato le tre pratiche quaresimali:

“La pratica del digiuno vi sia di aiuto, cari giovani, per acquisire padronanza su voi stessi; la preghiera sia per voi, cari ammalati, il mezzo per affidare a Dio le vostre sofferenze e sentirne la sua presenza amorevole; le opere di misericordia, infine, aiutino voi, cari sposi novelli, a vivere la vostra esistenza coniugale aprendola alle necessità dei fratelli. Buona Quaresima a tutti!”.

Papa Francesco si reca nel pomeriggio, alle 16:30, nella Basilica di Sant'Anselmo all'Aventino per la "Statio" quaresimale e la processione penitenziale fino alla Basilica di Santa Sabina dove alle 17.00 presiede la Messa con il rito dell’imposizione delle Ceneri. Sul rito delle Ceneri ascoltiamo il padre monfortano Corrado Maggioni, sotto-segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, al microfono di Monia Parente:

R. - Possiamo dire che, fin dall’antichità, l’inizio della Quaresima è caratterizzato dal rito delle Ceneri, che si colloca all’interno della celebrazione dell’Eucaristia. Quindi, la Quaresima si apre in atteggiamento di preghiera, ascolto della Parola di Dio e comunione al Corpo di Cristo. Ma questo inizio è caratterizzato dalla dimensione penitenziale, ricordata proprio dalle ceneri che ci rammentano la nostra fragilità, la nostra corruttibilità, la nostra mortalità. Nell’antichità erano i peccatori pubblici, cioè i battezzati che, caduti in peccato grave, decidevano di riconciliarsi con Dio e con la Chiesa. Allora, intraprendevano un cammino di penitenza e l’inizio di questa penitenza pubblica veniva segnato con l’inizio dell’imposizione delle ceneri, un rituale di seppellimento. Allora il peccatore accettava, sceglieva di far morire il suo uomo vecchio, di seppellirlo, perché l’uomo viene dalla polvere, dalla terra; Adamo è tratto dalla terra e alla terra ritorna. Allora un credente che decide di lasciarsi rinnovare il cuore deve affrontare una morte. L’uomo vecchio, contrario al Vangelo, attaccato al mondo, deve morire, deve essere sepolto. Il vescovo cospargeva di ceneri i penitenti, prostrati al suolo in chiesa. Nel Medioevo, quando i penitenti pubblici sono scomparsi, questo rito di ricevere le ceneri sul capo per tutti i battezzati è rimasto, proprio per iniziare questo cammino di 40 giorni per un incontro più vivo con il Signore.

Sul significato della pratica del digiuno ascoltiamo il teologo Michele Giulio Masciarelli, preside dell’Istituto teologico abruzzese molisano, al microfono di Federico Piana:

R. – Il digiuno che è subordinato all’astinenza - non so se il caso di sottolineare questo: è una particolare virtù dell’astinenza - ha tre fini di mortificazione: reprime le concupiscenze, le passioni disordinate che in questa maniera vengono come “snervate", viene tolto vigore a queste forze negative che sono in noi, e  dispone l’anima a  contemplare le cose più alte. É un elemento liberatorio. La chiamata al digiuno, all’astinenza, significa purificare la vita, renderla trasparente, più leggerla, per squamare la nostra esistenza di elementi che la sovraccaricano e dunque ci rende più capaci di ascendere. Inoltre è un elemento riparativo.

D. - Che pedagogia c’è della Chiesa dietro il digiuno e l’astinenza?

R. - La pedagogia è quella della sobrietà; la pedagogia è anche quella di ricordare chi fa un’astinenza o un digiuno forzato a lungo. A questo Papa piacerà senza meno un pensiero simile: il piccolo digiuno, provvisorio, parentetico che noi facciamo, ci fa ricordare il prolungato ed ingiusto digiuno dei poveri che non hanno da mangiare,  addirittura “i popoli” della fame. Dunque ha un valore pedagogico, un valore di ricordo di chi a questo digiuno è costretto ma non per un paio di giorno all’anno, ma a lungo per decenni: i cosiddetti “morti per fame”. Io credo che questo sia un elemento pedagogico molto importante. Inoltre ci sono diversi pani da masticare: non c’è solo il pane che ci dà sopravvivenza o il companatico che dà gusto nel mangiare; ci sono i pani che trascuriamo: il pane del perdono, ad esempio. Un digiuno buono è quello del perdonare. Il perdono è contro natura sotto un certo aspetto, perché non so quante ragioni ci siano per perdonare un nemico. La nostra sensibilità, tra l’altro, si ribella a questo, però il perdono ci rende grandi a livello umano: saper perdonare significa veramente somigliare a Dio.








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