2015-02-20 13:00:00

Mali: accordo per fine violenze tra governo e gruppi Azawad


Passa per Algeri la via per la pacificazione in Mali. Nella capitale algerina infatti il governo di Bamako e 6 gruppi armati hanno firmato un accordo che comporta la cessazione immediata di tutte le forme di violenza. A siglare l’intesa, raggiunta sotto l’egida dell’Onu al 5° round di negoziati da giugno 2014, anche il Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla), che da anni rivendica l’autodeterminazione delle regioni del nord. Da oltre un mese violenti combattimenti sono in corso nella zona di Tabankort, a metà strada tra Kidal, la roccaforte della ribellione, e Gao, controllata da forze favorevoli alle autorità di Bamako: entrambi gli schieramenti sono a prevalenza Tuareg. Sul significato del nuovo accordo, ascoltiamo l’africanista Angelo Turco, docente di Geopolitica all’Università Iulm di Milano, intervistato da Giada Aquilino:

R. – E’ un passo interlocutorio perché bisogna vedere poi sul terreno, concretamente, come si posizionano i diversi gruppi rispetto a questi accordi, che seguono anche ad altre intese non del tutto positive nella loro applicazione.

D. – Che rivendicazioni ci sono da parte dei movimenti dell’Azawad?

R.  – I movimenti dell’Azawad sono alquanto divisi al loro interno, quindi non bisogna considerarli come un blocco monolitico. Alcuni sono decisamente irredentisti, quindi puntano su autonomie più o meno spinte per l’Azawad; altri invece reclamano l’unità del Paese, quindi puntano su una soluzione che salvi il carattere unitario del Mali; altri ancora sono contigui a differenti interessi: non territoriali ma legati ai traffici che hanno ripreso alla grande attraverso l’Azawad.

D. - Su queste forti realtà si è innestata una presenza di gruppi estremisti islamici. Che pericoli ci sono ?

R. – I gruppi islamici sono ritornati, l’Aqmi (Al Qaida nel Maghreb islamico) è presente e si rafforza anche in relazione alle vicende che si sviluppano in questo momento più a nord, quindi soprattutto in Libia.

D.  – Proprio in Libia in questo momento le forze jihadiste che erano già presenti nel Paese sposano la causa del sedicente Stato Islamico: potrebbe essere un fenomeno più ampio tanto da riguardare realtà locali del Mali, dell’Algeria, della Nigeria, della Somalia?

R.  - Non lo vedrei come un fenomeno unitario. La circostanza fondamentale da tenere presente è che queste fenomenologie si influenzano vicendevolmente, ma sono fortemente legate alle realità territoriali locali e quindi hanno esiti largamente imprevedibili. Certo, una preoccupazione per una fiammata generale è presente e non è un caso che Algeri si faccia carico di queste preoccupazioni: la firma di questo accordo è avvenuta in Algeria, Paese capofila della mediazione per l’Azawad in Mali.

D. – Accennava ai traffici al confine tra Mali, Algeria, e Libia: si tratta di contrabbandi che di fatto poi collegano vaste aree, dal Sud America all’Europa?

R. – Si tratta di armi, di esseri umani, di persone che sono diventate ormai una triste costante dei traffici trans-sahariani; ma soprattutto in questo momento il traffico che interessa e spadroneggia è il traffico della droga, in particolare di cocaina, che sviluppa una ‘connection’ con la Guinea Bissau e, attraverso di essa, con le mafie sudamericane, in particolare colombiane.








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