2015-02-20 07:27:00

Obama parla di genocidio dei jihadisti: da Is a Boko Haram


Mentre a New York, nella sede dell'Onu, si lavora incessantemente per trovare una soluzione alla crisi libica, a Washington i rappresentanti di 60 Paesi si sono confrontati sulle strategie anti-Isis. Il servizio di Fausta Speranza

"Non è una guerra dell'Occidente contro l'Islam. Non e' uno scontro tra civilta'. Questa e' la grande menzogna dei terroristi che non parlano a nome di un miliardo di musulmani": così Obama, che alle comunita' islamiche di tutto il mondo dice: "Dobbiamo essere uniti, non esitando a definire "genocidio" cio' che stanno portando avanti gli estremisti, dall'Isis ad al Qaeda a Boko Haram. Ma Obama chiede anche che i governi combattano poverta', l'oppressione, l'intolleranza, che alimentano l’estremismo violento. Khalid Chaouki, parlamentare italiano che ha partecipato al vertice:

"La dichiarazione di Barak Obama non era scontata ed è importante. Non possiamo regalare ai terroristi l’etichetta di “musulmani”. Purtroppo, c’è questo gruppo terroristico che si rifà all’islam ma abbiamo bisogno di distinguerli e di dare fiducia i milioni di musulmani diversi dall’Is che vivono oggi in questo mondo nella regione mediorientale. È molto importante offrire occasioni di cooperazione e far capire ai giovani che può esserci un futuro diverso dalla scelta di rifugiarsi nell’estremismo. E’ importante far capire ai giovani che ci sono oggi occasioni per i giovani musulmani di costruire insieme all’Occidente un futuro di cooperazione e di sviluppo positivo, di individuare i valori comuni che ci sono e che vanno resi ancora più forti. In questo senso non bastano le parole come in passato. Il messaggio qui da Washington è quello di cercare di individuare i momenti concreti di cooperazione soprattutto tra i giovani coinvolgendo le università, le associazioni, le società civili. E si vuole ribadire che l’estremismo non può essere combattuto solo con le guerre: non sono sufficienti e non potranno bastare. Dobbiamo semmai eliminare qualsiasi alibi dall’interno della propaganda e soprattutto lavorare in positivo perché altrimenti faremo gli errori del passato. Lo spirito qui a Washington è proprio quello di riuscire a superare questa fase rilanciando un futuro di speranza con parole chiave positive e soprattutto verso i giovani, in modo di non lasciarli ostaggi di questa propaganda molto pericolosa. Oggi abbiamo bisogno di mostrare ottimi esempi di convivenza. Per farlo occorre rendere molto visibile la testimonianza dei leader musulmani, delle storie di coraggio che isolano ed hanno isolato l’estremismo. Quindi, serve davvero un’alleanza tra i popoli tra le comunità: in questo, il ruolo dei musulmani è sicuramente fondamentale."

Intanto dal web arrivano le ennesime minacce a Roma. E al vertice si è parlato anche di contropropaganda alla propaganda del terrorismo soprattutto online:

"Sì, c’è stata una sessione molto interessante di confronto con i massimi soggetti che oggi gestiscono la comunicazione online, le grandi società ma anche esperti mondiali. Oggi l’idea è quella di incentivare una risposta molto più accattivante, molto forte e molto innovativa, studiare anche una rete di giovani soprattutto, che già oggi possa reagire, rispondere in modo ancora più efficace a questa propaganda che, - appunto volutamente - usa le nuove tecnologie perché il suo target è composto da giovanissimi non solo nel mondo arabo musulmano, ma purtroppo anche tra i figli delle comunità islamiche in Occidente."

È forte l’orrore che vediamo e forte deve essere la risposta...Ancora Khalid Chaouki:

" Deve essere forte. La verità è che siamo ancora in una fase di shock. La risposta deve essere intelligente, non solo emotiva. Quindi l’obbiettivo di questo summit è quello di capire come, insieme ai governi, elaborare una strategia a medio e lungo termine. Altrimenti il rischio è quello di alimentare quelle risposte emotive e creare nuovi terreni di radicalizzazione. E soprattutto si rischia di costruire delle fratture con le società musulmani che oggi, invece, devono essere il nostro massimo alleato in questa battaglia". 

Sull’emergenza del momento, la destabilizzazione della Libia, l'Egitto presenta una bozza di risoluzione alle Nazioni Unite che prevede anche l'uso della forza militare in Libia se necessario. Un'opzione che però al momento non sembra essere presa in considerazione, almeno stando all’ultimo dibattito al Consiglio di sicurezza. E da una riunione nelle ultime ore a New York dell'Intenational Crisis Group sulla Libia composto da rappresentanti di Usa, Francia, Regno Unito, Italia, Germania, Spagna, Ue e Onu.

 

 








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