2015-02-21 16:20:00

Vaciago: bene il Jobs act, riscrive il mercato del lavoro


Giudizi contrastanti sui decreti attuativi del "Jobs act" il giorno dopo l’approvazione da parte del governo. Divisa la maggioranza e lo stesso Pd, soddisfatta la Confindustria, fortemente critici Cgil e Uil, più positivo il giudizio  della Cisl che riconosce però che sul precariato si poteva fare di più. Una giornata attesa da anni, quella di ieri, secondo il premier Renzi, secondo cui ora le imprese non hanno più giustificazioni per non assumere. Uno dei punti di maggiore divisione i licenziamenti collettivi rimasti nei decreti. Per una valutazione complessiva del provvedimento, Adriana Masotti ha chiesto il parere dell’economista dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Giacomo Vaciago:

R. – Anzitutto, poiché sono le industrie che devono assumere è bene che siano contente, guai se fossero loro a bocciare la normativa… Detto questo, la riforma è incredibilmente ambiziosa: riformula tutti i principi che regolano il mercato del lavoro in Italia, dalle forme contrattuali alle tutele dei lavoratori, ai meccanismi di formazione e occupabilità. E questo colpisce tanti positivamente e negativamente: gli affezionati al mondo del 1970, allo Statuto dei lavoratori, non gradiscono una rivoluzione di questo tipo, però sono passati 45 anni... Dall’altra parte, chi ama il confronto con i mercati del lavoro degli altri Paesi con cui ci stiamo integrando, apprezza la nostra convergenza. E’ appena venuto a Roma il segretario generale dell’Ocse, Gurrìa, e il rapporto sull’Italia dell’Ocse di quest’anno dà un giudizio estremamente favorevole su questa riforma. Attenzione, l’Ocse non è la Confindustria, è un’organizzazione governativa che raggruppa 35 Paesi e fa confronti tra i Paesi, chi funziona meglio, chi funziona peggio. Da anni ci dicevano che il nostro mercato del lavoro era uno dei peggiori. Problema: questa riforma, attenzione, nel giro di qualche anno, sarà sufficiente a migliorare veramente la situazione o no?

D. – Nel complesso, quindi, il suo giudizio è positivo. C’è qualche aspetto che invece lei critica? I sindacati dicono che sul precariato si poteva fare molto di più. Criticano le norme sui licenziamenti collettivi…

R. – In questo Paese, dobbiamo ricordarci che governare è dalla “Gazzetta ufficiale” in poi: cioè questa legge, anche nelle sue innovazioni più radicali poi, richiede un buon governo, tutti i giorni. Pensiamo alle agenzie, oggi sono regionali e devono occuparsi del come assistere il lavoratore alla ricerca di un lavoro. Ci sono alcune realtà buone, soprattutto nel Nord, e ci sono situazioni nelle quali le agenzie servono a pagare stipendi ai loro dipendenti, ma nulla producono. Bene, il governo ha nella legge delega l’Agenzia nazionale del lavoro. Funzionerà? C’è ancora moltissimo da fare. Quindi, criticare la legge per ciò che consente o richiede, senza poi capire che il giorno dopo moltissimo resta da fare, non va.

D. – Un suo commento sul metodo con cui si è arrivati all’approvazione di questi decreti: il governo non ha tenuto conto delle richieste delle Commissioni parlamentari, ha tirato dritto…

R. – Certamente, il governo non è tenuto a obbedire al parlamento. Il parere del parlamento in questi casi è consultivo e quindi questa non è una grave irregolarità. Il problema di nuovo è politico. Una minoranza della maggioranza ritiene che si poteva fare di più e meglio e il governo ha risposto: intanto partiamo e poi aggiusteremo il tiro nei prossimi anni. Dobbiamo smetterla di pensare che si fa una riforma e che questa deve durare un secolo. Non è più così, oggi, il mondo. Quindi, io credo che il buonsenso ci aiuterà nei prossimi anni a verificare e migliorare ulteriormente. Dobbiamo continuare a imparare dall’esperienza.








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