2015-02-22 12:30:00

Carceri. Don Balducchi: senza dignità, cella è disumanizzante


“Ma in questa Quaresima nel tuo cuore c`è posto per quelli che non hanno compiuto i comandamenti?  Che hanno sbagliato e sono in carcere?”. A domandarlo è stato il Papa in una delle omelie pronunciate nei giorni scorsi a Casa Santa Marta, durante la Messa. Francesco ha fatto riferimento a quanti allontanano chi ha sbagliato, aggiungendo “se tu non sei in carcere è perché il Signore ti ha aiutato a non cadere”. Luca Collodi ne ha parlato con don Virgilio Balducchi, ispettore generale dei Cappellani delle carceri italiane:

R. – Sicuramente, la prima cosa che si vede nel messaggio del Santo Padre, l’indicazione, è che gli strumenti che lui suggerisce hanno un obiettivo: di cancellare l’indifferenza o di lavorare contro l’indifferenza verso le persone che soffrono di più e che non vengono considerate. Quindi, da questo punto di vista, è un messaggio che conferma la capacità di Papa Francesco di ricordare a tutte le comunità cristiane che non c’è nessun luogo in cui ci possano essere delle persone non considerate fratelli. E questa, credo che sia la prima cosa, che impatta bene con il mondo del carcere, che è un luogo sempre un po’ separato da tanti nostri pensieri e anche dal nostro vissuto.

D. – Senza dimenticare il tema della "globalizzazione dell’indifferenza", riflessione frequente nelle parole del Papa: nel carcere si rischia proprio la globalizzazione dell’indifferenza…

R. – Esatto. E da tutti i punti di vista: sia dal punto di vista dell’indifferenza, sia della globalizzazione, perché nelle nostre carceri ormai c’è il mondo intero proprio per la provenienza da nazioni diverse. Credo, tuttavia, che anche in carcere si possano vivere dei cammini di costruzione della propria conversione e di capacità di essere solidale con gli altri: proprio dentro quei luoghi, in cui forse si pensa che ci sia il male, che ci sia chiuso il male, sperimentiamo invece tanta capacità di condividere la sofferenza, anche con delle azioni di carità verso chi ha di meno. Il mondo del carcere è infatti abitato anche da persone molto povere e da persone detenute che possono un po’ di più e aiutano a condividere quello che hanno. Quindi, da questo punto di vista, c’è già un’indicazione di vissuto. L’altra esperienza che si fa durante la Quaresima è quella di sentire la vicinanza di Gesù Cristo giudicato e anche crocifisso. C’è, dunque, una capacità di cogliere la problematica del Signore giudicato, del Signore in croce, che è vissuta sulla propria pelle.

D. – Don Balducchi, dopo la Quaresima arriva la Resurrezione. Per restare al tema carcere, possiamo tentare un paragone tra la speranza della Resurrezione e la ricerca di giustizia da parte degli uomini?

R. – L’uomo è capace, sicuramente, di fare una giustizia migliore. Il problema è che alcune volte non si lascia convincere, perché giudica ancora attraverso dei percorsi di vendetta, in cui si mette in testa che la cosa migliore, per rispondere al male, sia fare dell’altro male. La Resurrezione nella giustizia vuol dire fare il bene anche a chi eventualmente ha fatto il male. E questa, è l’esperienza della Resurrezione, che libera dal male. Ciò rende anche possibile cammini di resurrezione, di cambiamento e di libertà nuova.

D. – Si parla molto di carcere nel mondo politico e sociale. E' cambiato qualcosa, negli ultimi mesi, nella realtà carceraria italiana? 

R. – Realisticamente, dobbiamo dire che il numero dei detenuti è diminuito. Questo permette di lavorare un po’ meglio. E’ anche vero che ci sono nuove sperimentazioni di responsabilizzazione delle persone detenute, sia all’interno del carcere che fuori, con i lavori socialmente utili. Ma si tratta ancora di sperimentazioni e dobbiamo dire che non sono la struttura fondante. Questa dovrebbe essere in ogni caso che nessun detenuto sia lasciato a vivere da solo o con altri, abbondanti purtroppo nelle celle, senza fare niente tutto il giorno. Purtroppo, la maggior parte della realtà carceraria è ancora in questa condizione. Finché, in un modo molto radicale, non porteremo le persone a essere e vivere con dignità, compreso lavorare per poter vivere, il carcere resterà sempre una struttura piuttosto devitalizzante.








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