2015-02-22 12:32:00

Si è spento Luca Ronconi, teatro italiano perde il suo genio


Si è spento ieri a Milano, all'età di 81 anni, il regista teatrale Luca Ronconi: il mondo dell'arte lo piange ricordando la sua indimenticabile carriera nel corso della quale ha impresso un segno indelebile nella storia del teatro e degli allestimenti scenici. Il servizio di Luca Pellegrini:

Non ha eredi, Luca Ronconi, e lascia vuoti i palcoscenici dei suoi teatri, tanti, sparsi lungo la Penisola, ma soprattutto quelli milanesi, il Piccolo e la Scala, che oggi lo piangono per le tracce indelebili di cultura e passione che vi ha lasciato. Si fece conoscere a Spoleto, trentenne regista elegante e da allora sempre assolutamente discreto e riservato.

Un genio innovatore
Era il 1969 e il suo sorprendente, meraviglioso adattamento dell'ariostesco "Orlando furioso" fece sensazione: l'uso di macchine teatrali - da allora sempre inserite nei suoi spettacoli, e se non erano meccaniche le estraeva dai movimenti, dalle scene, dalle prospettive - il movimento degli attori, la loro recitazione aulica e accuratissima, mai affettata, la simultaneità di più azioni in diversi luoghi. Fu un successo incondizionato, una pietra miliare nella storia del teatro e della messinscena. 
Raggiunto la scorsa estate a Pesaro, affaticato dalla dialisi che segnava la sua vita da otto anni, mentre era alle prese con l'"Armida" di Rossini tratta dalla "Gerusalemme liberata" del Tasso, era tornato inevitabilmente con una memoria sempre attivissima a quello spettacolo che ricordava come "una delle esperienze teatrali più forti della mia vita, mentre "Armida" la metterei, invece, tra quelle piacevoli, comunque originali". Ecco, la forza, il piacere e l'originalità hanno contraddistinto tutta e sempre la sua carriera e tutte le sue scelte teatrali - centinaia gli spettacoli allestiti - rigorosissime, moderne, affascinanti, talvolta impossibili.

Centinaia di allestimenti
Per l'arditezza delle messinscene, i testi affrontati, i luoghi prescelti: le sole donne di "Ignorabimus" di Arno Holz al Fabbricone di Prato, dalla durata infinita come per "Gli ultimi giorni dell'umanità" di Karl Kraus al Lingotto di Torino nel 1990, o "Infinities" di John Barrow ai laboratori della Bovisa milanese. Ma gli autori affrontati andavano dalla tragedia greca a Goldoni, da Cecov a Pirandello. E spesso si ritagliava spazio e tempo per il melodramma, che ne ha accompagnato la vita e i sogni. Anche in questo caso con allestimenti arditi e indimenticabili: la scoperta sublime del "Viaggio a Reims" di Rossini nel 1984 a Pesaro, con la piazza che diventa luogo della rappresentazione contemporaneamente al teatro, oppure gli impossibili voli per un "Barbiere di Siviglia" e alla Scala le meraviglie di "Guillaume Tell" oppure le vertiginose prospettive di "Lodoiska" di Cherubini. Un catalogo enorme. Non ha rifiutato anche l'impegno di dirigere teatri e assumersi la responsabilità artistica e morale di seguire e aiutare i giovani, come docente generoso all'Accademia d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" di Roma e al Centro Teatrale Santa Cristina di Gubbio, dove risiedeva, conscio che nelle loro mani avrebbe depositato tutta la sua meravigliosa, unica esperienza, e la sua umanità.








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