2015-02-23 14:30:00

L’Is e i video dell'orrore. L'esperto: non fare il loro gioco


La Francia conferma l'impegno della portaerei "Charles de Gaulle" nelle operazioni della coalizione internazionale contro i miliziani del sedicente Stato islamico in Iraq. Intanto, l'imam di Al Azhar, massima istituzione dell'Islam sunnita, ha invocato l’unità fra musulmani, legando l’estremismo ad errate interpretazioni del Corano, ed esortato a un ripensamento dell'insegnamento religioso. Su internet, inoltre, la propaganda jihadista ha diffuso un nuovo sconcertante video che mostra ostaggi incatenati all’interno di gabbie. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Nel terrificante video si vedono 21 prigionieri, soprattutto peshmerga curdi, rinchiusi in gabbie caricate su dei pickup. Gli ostaggi indossano tute arancioni e vengono mostrati alla folla da miliziani del sedicente Stato islamico che sfilano per le strade di una città irachena, nella provincia di Kirkuk. Un gruppo di esperti statunitensi ha sollevato intanto dubbi sull'autenticità del filmato che mostra, nei pressi di una spiaggia in Libia, la decapitazione di 21 cristiani copti. Il video sarebbe il risultato di una serie di evidenti manipolazioni, utilizzate dalla propaganda integralista, ma sono minime le speranze che i prigionieri siano ancora vivi. Da un account twitter, legato ai jihadisti libici, arriva inoltre una minaccia diretta all’Italia: una foto, frutto di un fotomontaggio, ritrae un combattente armato davanti al mare che guarda il Colosseo sullo sfondo. Sul monumento sventola la bandiera nera del cosiddetto Stato islamico. Per l’alto rappresentante della Politica estera dell’Unione Europea, Federica Mogherini, lo Stato islamico rappresenta in Libia “un rischio reale” per l’Italia. La diplomazia – ha aggiunto – “deve agire entro giorni, non settimane”. 

La propaganda jihadista propone dunque video sempre più sconcertanti. In ogni nuovo filmato sembra che il sedicente Stato islamico voglia superare la soglia dell’orrore. Su questa strategia comunicativa, basata su messaggi sempre più terrificanti, Amedeo Lomonaco ha intervistato il prof. Paolo Branca, esperto di Medio Oriente e docente di islamistica all'Università Cattolica di Milano:

R. – Mi pare che, purtroppo, sia una scelta deliberata quella di prediligere un linguaggio di tipo apocalittico che, nel vuoto della crisi delle grandi ideologie che hanno prevalso fino a poco tempo fa, può fare leva su qualche personalità poco equilibrata e attirarla con il fascino delle cose orribili.

D. – Perché questa strategia dell’orrore continua ad attirare miliziani, e non pochi, disposti a morire, a combattere, e invece non fa scorgere anche tra i jihadisti qualche sentimento di sdegno, di perplessità?

R. – Veramente, qualche tempo fa, erano emerse notizie di persone che volevano tornare indietro dopo essersi gettate in questa folle avventura. Ma la cosa più preoccupante è che il linguaggio dello Stato islamico viene poi ripreso anche da parte di alcuni che lo condannano. Mi sembra molto preoccupante, perché se si parla lo stesso linguaggio allora non vedo più quale sia la differenza.

D. – Anche se non ci sono molti dubbi, purtroppo, sulla morte dei 21 copti egiziani uccisi in Libia, diversi esperti, soprattutto statunitensi, hanno sollevato dubbi sull’autenticità del video della loro esecuzione in una spiaggia. Anche la manipolazione delle immagini rientra in una pianificata strategia comunicativa da parte dello Stato islamico?

R. – Ormai è abbastanza assodato, anche tra gli studiosi di Sociologia di tecniche della comunicazione, che non è necessario che una cosa sia vera per produrre degli effetti, ma basta che sia percepita come vera. Già Orson Wells, a suo tempo, fece alla radio la cronaca dell’invasione dei marziani negli Stati Uniti senza dire che si trattava di una fiction. E alcune persone si sono buttate dalla finestra per la paura. Quindi, purtroppo, nella società dell’informazione, anche se poi le smentite arrivano o arrivano dei dubbi, molti effetti si ottengono ugualmente.

D. – Quale impatto hanno queste immagini in particolare al mondo islamico moderato?

R. – C’è certamente un grande scandalo nelle persone normali. Ho paura, invece, che le autorità si mettano proprio sullo stesso piano dei loro avversari, oppure siano troppo tiepide nel reagire. Credo che il mondo islamico si trovi in una profondissima crisi e se non riprende in mano seriamente l’interpretazione delle proprie fonti, contestualizzandole e analizzandole in forma storico critica, sarà sempre possibile per chiunque strumentalizzare i versetti del Corano per giustificare le cose peggiori.

D. – Come contrastare la propaganda jihadista? Ci sono linguaggi, metodi che possono arginare questo tipo di propaganda?

R. – Credo che le buone notizie, che non mancano, di tante persone che vivono la loro vita regolarmente e hanno ottimi rapporti anche con i vicini – che pure non sono musulmani – specialmente qui in Occidente, siano troppo assenti dal circuito mediatico. Ci vorrebbe lo sforzo di andare a recuperare dei buoni modelli e soprattutto di porli sotto i riflettori, in modo che i giovani, in particolare, si possono riconoscere e vedere in queste persone, in questi stili di vita, qualcosa di positivo cui ispirarsi.








All the contents on this site are copyrighted ©.