L'87ª edizione dei Premi Oscar, che si è celebrata ieri a Los Angeles, ha assegnato gli ambitissimi riconoscimenti con alcune conferme e anche sorprese: si aggiudica quattro statuette "Birdman", solo riconoscimenti tecnici al favorito "Grand Budapest Hotel", meritatissimi quelli agli attori e alle attrici protagonisti e non, dimenticato l'originale e favorito "Boyhood" e grande sconfitto "American Sniper" di Clint Eastwood. Il servizio di Luca Pellegrini:
Il mondo del cinema che gremiva il "Dolby Theatre" di Los Angeles ha accolto con un applauso il breve discorso di Cheryl Boone Isaacs, la presidente dell'Academy che assegna gli Oscar: "I film nominati quest'anno sono tutti caratterizzati da una narrativa accattivante per raccontare il mondo in cui viviamo – ha affermato – e in cui ci auguriamo che nessuna manaccia riesca a far tacere le voci e la libertà di chi lavora nel cinema". I premi hanno privilegiato titoli e contenuti legati a questo spirito, ai fatti e alle cose che ci riguardano da vicino, che incidono sulla nostra quotidianità: l'oblio e la solitudine dell'artista, l'educazione nella famiglia, la battaglia e la speranza nella malattia, la fantasia come creatrice di sogni nei quali ritagliarsi uno spicchio di divertimento.
"Birdman", ego e mediocrità
Alejandro González Iñárritu vince con "Birdman" l'Oscar
come miglior film, regia, sceneggiatura originale e fotografia: il regista messicano
la definisce un'opera sull'ego e la mediocrità di un artista ormai dimenticato dal
sistema e dal pubblico. Meritatissime le scelte degli attori protagonisti e non: per
i primi la strepitosa Julianne Moore, malata di Alzheimer in "Still Alice", circondata
dall’amore e dall’affetto della famiglia, uno dei film più belli degli ultimi anni,
e Eddie Redmayne che ne “La teoria del tutto” interpreta lo scienziato Stephen Hawking,
lui realmente malato di SLA. Entrambi gli attori hanno dedicato il loro lavoro a questi
malati, spesso emarginati, auspicando un investimento sempre maggiore della scienza
nel combattere queste terribili malattie.
A secco "American Sniper"
Come non protagonisti, hanno ricevuto la loro prima
statuetta J. K. Simmons, violento e autoritario insegnante di musica jazz in "Whiplash"
e Patricia Arquette, mamma forte e sensibile nell'originalissimo "Boyhood" di Richard
Linklater, purtroppo sconfitto nelle altre categorie, così come completamente dimenticato
è stato "American Sniper" di Clint Eastwood che di Oscar non ne ha ricevuto alcuno.
Una suora da Oscar
"Ida", del polacco Paweł Pawlikowski, riceve l'Oscar
per il miglior film straniero ed è la prima volta per la Polonia, alla cui forza e
coraggio il regista ha dedicato il suo film. E' la storia intensa, scarna, essenziale,
magnificamente fotografata e diretta, di una novizia cattolica che nella Polonia del
1962, in piena dittatura comunista, scopre in modo drammatico molto del suo passato
- prima di tutto la sua origine ebraica e le tragedie subite dalla sua famiglia -
mettendo così in questione tutte le sue scelte future. L'italiana Milena Canonero
per "Grand Budapest Hotel" riceve il quarto Oscar per i costumi, un'artista magnifica
capace di ricreare nel cinema i fasti del passato e le fantasie del presente. Notata
anche da tutti gli italiani, nel sempre toccante momento del ricordo di chi ci ha
lasciati, fatto a metà della premiazione, la grave e spiacevole dimenticanza del grande
regista Francesco Rosi, scomparso il 10 gennaio scorso.
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