2015-02-24 14:01:00

Focsiv a Ue: no a commercializzazione illegale dei minerali


Porre fine allo sfruttamento di bambini, uomini e donne contro il commercio illegale dei minerali. Questo l’obiettivo della campagna ideata dalla Focsiv, la Federazione di Organismi di Volontariato Internazionale, e da 125 vescovi con le loro diocesi. Sull’iniziativa, Anna Zizzi ha sentito il coordinatore del settore "policy" di Focsiv, Andrea Stocchiero:

R. – Sono molti anni che purtroppo i minerali vengono estratti e vengono commerciati sfruttando le popolazioni locali, tra cui anche bambini costretti a lavorare nelle miniere dai cosiddetti "signori della guerra", cioè bande armate che naturalmente traggono enormi finanziamenti dal commercio illegale di questi minerali per sostenere ancora di più l’acquisto di armi, nuovi conflitti e nuove violenze sulla popolazione.

D. – Quali sono le zone colpite maggiormente dal commercio illegale dei minerali?

R. – L’Africa centrale in particolare, la Repubblica Democratica del Congo, ma anche i Paesi confinanti perché come si sa, in queste aree, i confini tra i Paesi non sono così invalicabili, anzi. Tra l’altro, proprio gli Stati Uniti quattro anni fa hanno emesso una legge che obbliga le imprese a certificare il fatto che non siano acquistati minerali da fonti illegali. Altre zone sono nell’Asia, ai confini, per arrivare poi in America Latina dove zone come la Colombia, il Venezuela e anche il Perù hanno organizzazioni criminali che estraggono i minerali sfruttando le popolazioni locali.

D. – Quali sono le richieste che la Focsiv fa all’Unione Europea?

R. – Sono richieste che facciamo noi come Focsiv, ma non solo noi, perché sono condivise con altri organismi internazionali e anche con più di 125 vescovi e diocesi a livello mondiale. La prima richiesta è che l’Unione Europea adotti un regolamento e obblighi le imprese a certificare il commercio da dove provengono i minerali che vengono utilizzati, incentivando anche le aziende a far parte di un registro di imprese trasparenti che di conseguenza possano dare una buona visibilità al proprio marchio e al proprio impegno. Una seconda richiesta è quella di far sì che questo regolamento comprenda più minerali possibili, perché per ora si parla di stagno, di tungsteno e oro, ma altri minerali come il rame vengono lasciati fuori, quando anche questo minerale purtroppo negli ultimi anni è sempre più oggetto di commercio illegale e di conflitti. La terza richiesta è che non solo le imprese che fondono o raffinano i minerali, ma anche le imprese che commerciano o che hanno al loro interno questi minerali, siano obbligati a certificare da dove provengono.

D.  – Come si pensa di portare avanti la campagna?

R. – Siamo diverse organizzazioni che stanno cercando di sensibilizzare i propri parlamentari affinché votino per un’obbligatorietà di questo regolamento. Accanto a questo, ci siamo attivati con vescovi e diocesi per raccogliere l’adesione a una dichiarazione che più di 125 vescovi hanno inviato ai parlamentari europei proprio la settimana scorsa.

D. – Perché è importante una sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questo tema?

R. – Noi, attraverso gli acquisti, votiamo e facciamo scelte che siano orientate per il bene comune e non invece semplicemente per il soddisfacimento dei nostri bisogni a danno di altre persone. In questo caso, si tratta veramente di scandali umani molto gravi. Essere consapevoli come consumatori e cittadini è importante, perché noi possiamo di conseguenza determinare anche le scelte delle imprese.








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