2015-03-02 11:30:00

Iraq, offensiva dell’esercito iracheno per liberare Tikrit dall'Is


Continua l’offensiva dell'esercito iracheno, appoggiato da combattenti sciiti e sunniti, per riconquistare la citta' natale di Saddam Hussein, Tikrit, in mano allo Stato Islamico. Combattimenti anche in Libia, dove su una zona residenziale di Bengasi, in Cirenaica, sono caduti almeno due razzi, uccidendo due persone e ferendone circa trenta. Il servizio di Michele Raviart:

Le forze di Baghdad si avvicinano a Tikrit e lo Stato Islamico starebbe uccidendo chi si rifiuta di difendere la città. Lo riferisce un’emittente sciita, vicina a un gruppo di miliziani, parte dei 30mila uomini che stanno riconquistando la città, in mano allo Stato Islamico dalla scorsa estate. L’esercito sarebbe arrivato a pochi chilometri dal sud di Tikrit, mentre è vicino alla liberazione del distretto di Alam, 17 chilometri a nord. Intanto l’Is continua la sua campagna contro l’occidente. Minacciato nuovamente Twitter, responsabile di aver cancellato centinaia di account dei jihadisti. “La vostra guerra virtuale contro di noi causerà una guerra reale contro di voi”, si legge in un comunicato. Parla anche la madre di “Jihadi John”, il 27 enne inglese responsabile delle decapitazioni degli ostaggi in mano allo Stato Islamico. La donna avrebbe riconosciuto la voce del figlio fin dal primo video, quello che mostra l’esecuzione del giornalista americano James Foley,  Si combatte anche in Libia, dove il generale Khalifa Haftar è stato nominato capo delle Forze armate dal governo di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale. Haftar guida da oltre un anno la lotta contro le milizie islamiste, dopo un fallito colpo di Stato a Tripoli.

  

Su questa operazione Amedeo Lomonaco ha intervistato Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici all'Università di Trieste e direttore della Scuola di competizione economica internazionale di Venezia:

R. – Sicuramente è la prima volta che l’Iraq riprende l’iniziativa nelle proprie mani con una grande offensiva di primavera per riconquistare le città perse nel giugno dello scorso anno, in particolare Tikrit e, a quanto sembra dai piani, anche Mossul. I risultati dipenderanno molto dalle capacità che dispiegheranno sul terreno, le forze riaddestrate dell’esercito iracheno che si erano praticamente squagliate nel momento in cui c’era stato l’attacco dello Stato islamico.

D. - Come è stato possibile ricompattare l’esercito in così breve tempo?

R. - Io esaminerei prima di tutto le motivazioni dello sfaldamento: è un risultato di quasi di una decina di anni di pessima gestione dal premier Al Maliki e della messa ai margini e al bando di tutto quanto era sunnita; naturalmente questo giustificato dal terribile periodo attraversato dagli sciiti sotto Saddam, ma assolutamente poco strategico e poco utile per il Paese stesso. Le forze della coalizione e i consiglieri hanno sicuramente, in questi mesi, svolto un ottimo lavoro ma direi che il lavoro più grande per rianimare quelle che sono oggi le migliori truppe di élite dell’esercito iracheno che si stanno rischierando, è stato svolto dai terroristi stessi. La loro ferocia e la loro disumanità hanno portato molte tribù, non solo le tribù sciite, da sempre contro di loro, e i curdi, ma anche molte delle tribù sunnite - delle unità di volontari sunniti, come a suo tempo riuscì a ottenere il generale Petraeus - a fianco del rinnovato esercito iracheno e a fianco della coalizione. Forse questo è stato l’elemento più determinante: la ferocia, la disumanità e lo spavento che ha provocato lo Stato islamico nelle terre che ha occupato.

D. - Anche perché l’Is lo scorso mese di giugno ha conquistato Tikrit proprio perché aveva anche la simpatia di gran parte della popolazione sunnita. Adesso gli equilibri sembrano cambiati…

R.  – Gli equilibri sono sicuramente cambiati. Quello che non deve mai mancare, ed è fondamentale, è l’appoggio poi delle popolazioni. Si può fare anche un’offensiva da manuale ma se la popolazione resta legata allo Stato islamico e resta legata ai terroristi, alla fine si ottiene poco: non appena le forze militari si ritirano, immediatamente i risultati tendono a svanire. In questo caso, l’offensiva invece probabilmente avrà successo – ripeto - perché quello che in questi mesi è riuscito a fare lo Stato islamico è stato terribile e ha colpito anche i sunniti ex-appartenenti all’esercito di Saddam, le tribù sunnite che in questi anni hanno mal digerito l’incapacità del governo iracheno di andare verso un federalismo, di riportare benessere… Comunque, tutto questo è niente in confronto a quello che li aspetta quando cadono sotto il comando dello Stato islamico.

D. – Un altro elemento cruciale è anche quello del ruolo dei peshmerga curdi che hanno interrotto nei giorni scorsi la principale via di collegamento tra i territori siriani e iracheni dello Stato islamico…

R. – Il ruolo curdo, spesso sottovalutato, è stato invece un ruolo molto importante nel contenimento prima e ora nel sostegno al contrattacco nei confronti dell’Is. Di questo si dovrà tenere conto nei futuri assetti e nei futuri equilibri di quell’area. I curdi si sono conquistati sul campo il diritto se non all’indipendenza - perché questo dipenderà naturalmente dal tavolo negoziale, che probabilmente si presenterà non appena sarà completata questa grande controffensiva di primavera - il diritto a sedersi al tavolo e cominciare a decidere la loro sorte. E di questo la comunità internazionale non potrà non tenere conto.








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