2015-03-04 13:51:00

Vittime Canale di Sicilia. Don Zambito: l'Ue salvi i migranti


Ancora morti nel Canale di Sicilia: dieci i cadaveri ripescati dalla Guardia costiera dopo il rovesciamento di un gommone. Sono centinaia i migranti tratti in salvo nelle ultime ore. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

Ad Augusta è scattata subito l’allerta per chi deve accogliere i migranti e purtroppo per chi deve anche sbarcare i corpi degli annegati. Cinquecento in tutto i profughi tratti in salvo in diverse operazioni di soccorso, provenienti, hanno dichiarato loro stessi, da Siria, Palestina, Tunisia, Libia e Paesi dell’Africa subsahariana. La Procura di Siracusa ha aperto un’inchiesta per naufragio e omicidio plurimo, mentre a Bruxelles, proprio a seguito di ciò che continua ad accadere nel Mediterraneo, si è deciso di anticipare l’Agenda europea sulle migrazioni da metà luglio a metà maggio. E’ stato il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans, a dichiararlo promettendo un atteggiamento più aggressivo nei confronti dei trafficanti, ma soprattutto un maggiore coinvolgimento europeo: l’immigrazione, ha detto, riguarda tutti gli Stati membri. Non è più "Mare Nostrum", ma Europa nostra. Ed è proprio questo che si chiede da Lampedusa, don Mimmo Zambito, il parroco di San Gerlando:

R. – Lampedusa non è sola. Sentiamo tanta vicinanza verso questi volti, queste storie di persone che muoiono. Ma da Lampedusa ci sentiamo anche di dire che stanno bussando al "salotto buono" della nostra Europa, che si chiami Lampedusa, Bruxelles, Roma. C’è un’identità europea, un’identità dell’Italia, che impone certamente di non scegliere di far guerra e di armare, quanto piuttosto di assolvere a questa funzione di salvataggio delle genti che accorrono a noi.

D. – Il Centro di accoglienza che si trova lì a Lampedusa da quando è finita l’operazione "Mare Nostrum" ha iniziato di nuovo ad accogliere moltissimi migranti, spesso più del numero di persone che può realmente ospitare. Com’è la situazione?

R. – La situazione a Lampedusa è che ormai si sta costituendo un forum di "Lampedusa solidale", perché questa perpetua mancata dignitosa accoglienza è peccato che grida vendetta al cospetto di Dio. Cioè, costringere mille e più migranti, che hanno già vissuto tragedie, a stare in uno stato di promiscuità, di abbandono, di indegnità in un Centro che ne potrebbe accogliere 250, non è più tollerabile. È una vergogna immane per chi governa a livello europeo, a livello nazionale, e che crea vergogna anche per noi lampedusani pur senza averne diretta responsabilità. Noi stiamo iniziando a muoverci, perché non è più possibile accettare che un centro di primo soccorso e accoglienza disposto per 250 persone ne ospiti cinque o sei volte tante nelle condizioni che conosciamo. Quindi, il Centro è un modo di sgravare la coscienza così, come l’uso di Lampedusa, per dire che si fa un’accoglienza degna di questo nome ma in realtà sappiamo tutti che non è così. Attualmente, non ci sono più migranti, sono stati trasferiti prima con dei voli aerei, poi con il traghetto da Porto Empedocle che fa da spola verso Lampedusa. Ci rendiamo conto che sarebbe molto meglio avvertire la percezione di una comunità intera che guarda occhi negli occhi queste persone, e non soltanto noi che ci troviamo sul molo nel momento in cui arrivano queste genti cariche di amarezza, di tragedie, di lacrime, con il cuore teso a mani accoglienti.

D. – Quando lei va sul molo per accogliere queste persone, chi si trova davanti? Chi sono?

R. – Gli ultimi che sono arrivati sono per la maggior parte eritrei, etiopi, la maggior parte addirittura di religione ortodossa, e  poi qualche rappresentanza di popolazioni centroafricane. Sfido chiunque nei salotti televisivi, sulle pagine dei giornali o sul web riflette su questo fenomeno, a fare un salto a Lampedusa per vedere direttamente l’arrivo di queste persone, per dire una volta per tutte basta al chiacchiericcio da bar, da salotto, per dire basta alle facili, presuntuose, pretestuose argomentazioni che parlano di terrorismo, di paure, per vedere realmente chi arriva. Arrivano mamme, arrivano bambini! Negli ultimi approdi abbiamo avuto bambini di otto anni, quasi 150 minori non accompagnati. Io sono e resto un parroco della periferia, in una piccola comunità di appena seimila abitanti, su uno scoglio di 20 km quadrati. Ma realmente c’è da rimettere in movimento un’identità europea, che non può essere data dai semplici regolamenti di natura amministrativa, tecnica, o commerciale. Bisogna avviare dei processi di unità europea che prevedano l’integrazione di queste persone che stanno bussando. Noi siamo semplicemente una porta – ovviamente aperta perché siamo un isolotto, uno scoglio in mezzo al mare – però ci sono volti, storie, e persone che non possono essere abbandonate a se stesse, né al mare, ovviamente a rischio della vita, né a terra, per le persecuzioni che stanno subendo.








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