2015-03-04 12:53:00

Carrasco De Paula: cure palliative, bisogna fare di più


"L'assistenza agli anziani e le cure palliative" è il tema dell'assemblea plenaria della Pontificia Accademia per la Vita, in programma dal 5 al 7 marzo nell'Aula Nuova del Sinodo e caratterizzata da un Workshop aperto al pubblico nella giornata di venerdì. Obbiettivo del dibattito sarà avvicinare scienza e fede al servizio di tutti coloro che aiutano gli anziani o i pazienti bisognosi di cure palliative. Sentiamo il presidente della Pontificia Accademia, il vescovo Ignacio Carrasco de Paula, al microfono di Fabio Colagrande:

R. - Le malattie croniche in evoluzione creano sempre l'esigenza dell'assistenza. Sono infatti patologie che non procedono quasi mai verso la guarigione e che accompagnano molti anziani fino alla fine. Credo che questa sia la questione più importante. Qualcuno potrebbe pensare che sono perciò malattie che lasciano i pazienti senza speranza. Può accadere, ma è proprio ciò che dobbiamo evitare. La vita, anche in età avanzata, ha infatti sempre un futuro. E questo futuro bisogna capirlo, afferrarlo e volerlo.

D.  – C’è un codice etico da seguire nell’assistenza agli anziani che si trovano in questa fase, chiamiamola, del “fine vita”?

R. – Direi che alcune istituzioni sanitarie hanno creato e sviluppato protocolli… Però, quando si assistono persone anziane nella fase del fine vita bisogna tenere conto soprattutto che sono persone che hanno una lunga vita dietro le spalle. Bisogna considerarli come dei sapienti, dei saggi, persone che hanno vissuto tante esperienze e sono in grado, più di quanto uno possa sospettare, di interpretare in modo giusto anche questa nuova esperienza che si presenta in un momento particolarmente delicato.

D. – Si possono commettere abusi dal punto di vista etico nell’ambito, per esempio delle cure palliative, quelle per alleviare il dolore?

R. – Le cure palliative sono una realtà piuttosto recente. Sono nate in un'epoca in cui l'attenzione etica è stata, e continua a essere, molto forte. Quindi, in generale, non possiamo lamentarci di come sono gestite. Il vero problema è l'aumento continuo dei pazienti anziani bisognosi, non solo di un accompagnamento, ma proprio di cure specifiche per alleviare i sintomi che possono accompagnare l'invecchiamento.

D. - Quanto è importante l’aspetto delle relazioni interpersonali dell’anziano bisognoso di cure in famiglia, nella società, in ospedale?

R.  – Ritengo che questo sia l'aspetto centrale di questa problematica. Tenendo conto però che prima ancora di vedere nell'anziano una persona bisognosa di cure, bisogna vedere in lui una persona e basta. L'anziano non deve essere considerato un optional nella società, ma fino alla fine è un soggetto. E ciò non solo riguardo alla sua dignità, ma anche rispetto alle sue reali possibilità di continuare a essere protagonista non solo della sua vita, ma anche di quella che condivide con molte altre persone, nella famiglia, nella società, nel lavoro.

D. – Il ricorso alle cure palliative, la terapia del dolore, nel caso di pazienti anziani, è sufficientemente diffuso, secondo lei, o c’è ancora molto da fare?

R. - Non c'è dubbio che, specie negli ultimi dieci anni, si siano fatti passi in avanti enormi nel campo delle cure palliative. Soltanto dieci, quindici anni fa, questo tipo di cure erano molto più marginali di adesso. Certo, bisogna fare sempre di più. Perché oggi gli anziani sono i primi candidati  - come dice Papa Francesco - a essere vittime della cultura dello scarto.

D. – Da un punto di vista spirituale e pastorale ci sono aspetti da sottolineare riguardo a questa tematica?

R. - Dal punto di vista spirituale - aggiunge il vescovo - è importante stabilire una pastorale programmata rivolta agli anziani. Se infatti, quando una persona è giovane, la malattia è un evento inatteso, nel caso degli anziani è possibile prevedere una pastorale specifica per accompagnarli nella fase del fine vita, in presenza di malattie croniche.








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