2015-03-06 14:08:00

Medio Oriente: frattura tra Olp e Israele sulla sicurezza


Rottura tra l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) e Israele sul fronte della sicurezza. Secondo l’Olp, che ha adottato questa decisione dopo il lungo stallo del processo di pace, vi sarebbero sistematiche violazioni degli accordi da parte dello Stato ebraico, che si trova a pochi giorni dalle elezioni legislative. Intanto oggi un auto ha investito un gruppo di poliziotti di frontiera a Gerusalemme, ferendone cinque. Hamas ha definito eroico l’attentatore. Della situazione israelo-palestinese Giancarlo La Vella ha parlato con Ugo Tramballi, inviato speciale del Sole 24 ore:

R. – Il processo di pace è assolutamente fermo, questo però non giustifica la tempistica delle scelte dell’Olp. Nel senso che l’Olp avrebbe tutto il diritto di interrompere i rapporti sulla sicurezza, visto che non esiste alcun dialogo. Farlo a 10 giorni dalle elezioni, quando c’è una qualche minima speranza di poter vedere sconfitto Netanyahu, lo trovo un errore clamoroso. Voglio anche dire che se i palestinesi sono sotto occupazione da 70 anni, la colpa è in buona parte anche dei comportamenti politici dell’Olp, di Fatah e di tutti gli altri. Mi sembra un errore clamoroso!

D. – In questa situazione gettano benzina sul fuoco le bellicose dichiarazioni di Hamas?

R. – Che Hamas spinga i palestinesi di Gerusalemme a compiere degli attentati, come dire, fa parte del suo lavoro. Hamas è un movimento estremista, che mette in gioco il destino di un milione di palestinesi di Gaza per il suo delirio militarista islamista: capisco che Hamas abbia tutto l’interesse a veder vincere Netanyahu, se questa è la sua agenda politica…

D. – Quanto stanno influendo sulle vicende di questi giorni le imminenti elezioni israeliane?

R. – I palestinesi sono stati spessissimo, anzi, quasi sempre, parte in causa di qualsiasi voto israeliano. In genere, nelle ultime elezioni, per l’opinione pubblica israeliana, la questione palestinese conta molto poco. Dopo il fallimento di Camp David e l’inizio della seconda Intifada, la storia che è stata venduta all’opinione pubblica israeliana è che, appunto, i palestinesi decisero di non accettare le proposte di pace israeliane. E quindi da diverso tempo a questa parte, le ultime elezioni sono legate più alle questioni economiche e sociali israeliane o allo scontro tra laici e estremisti fondamentalisti ebrei. In queste elezioni, questi elementi ci sono, però di nuovo torna a essere importante anche la questione del che cosa fare con i palestinesi, perché tutti i capi israeliani della sicurezza continuano a suggerire al governo che la ripresa del dialogo di pace è fondamentale per la sicurezza di Israele.

D. – Una situazione generale, quella attuale, in cui si intravede un’evidente difficoltà della comunità internazionale di intervenire a livello diplomatico, Stati Uniti in testa…

R. – Sì, bè, Stati Uniti e basta. Nel senso che i vero mediatori sono gli Stati Uniti, ma Washington non è affatto un mediatore equidistante e quindi non sa imporre a tutte e due le parti quelle dolorose decisioni, quelle difficili rinunce, che qualsiasi processo di pace al mondo prevede. L’amministrazione Obama sta già mandando dei segnali dicendo che, dopo le elezioni, chiunque vinca tenterà quasi di “imporre” di nuovo un processo di pace. Ma non credo che la cosa sarà fattibile.








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