2015-03-10 16:03:00

Ok della Camera alle riforme costituzionali. Per Renzi Paese più giusto


Via libera dell’Aula di Montecitorio alle riforme costituzionali. La Camera ha approvato il disegno di legge che prevede, tra l’altro, la riforma del Senato con il superamento del bicameralismo paritario. Esprime soddisfazione il premier Matteo Renzi. I partiti all’opposizione, invece, contestano la riforma. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Continuerà a chiamarsi Senato della Repubblica, ma sarà composto da 95 eletti dai Consigli Regionali, più cinque nominati dal Capo dello Stato che resteranno in carica per 7 anni. Il nuovo Senato avrà competenza legislativa piena solo sulle riforme e sulle leggi costituzionali. La Camera sarà, invece, l’unica Assemblea legislativa e l’unica a votare la fiducia al governo. Il ddl sulle riforme costituzionali prevede anche la revisione del titolo V della Costituzione, con la riduzione dei poteri delle Regioni. Nel Pd ha prevalso la linea del “si” al ddl, anche se 18 deputati non hanno votato. Nuove critiche sono arrivate dalla minoranza del partito. L’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani ribadisce, in particolare, la necessità di cambiare l’Italicum, la proposta del governo per la riforma elettorale. Movimento 5 Stelle non ha partecipato al voto. Hanno votato contro Lega, Fratelli d’Italia, Sel, e - nonostante dissensi interni – anche Forza Italia. Un voto, quest’ultimo, che secondo Silvio Berlusconi dimostra come il partito non sia lacerato e diviso in fazioni.  Oggi – ha aggiunto – l’ex premier – si apre una nuova era di centralità per “Forza Italia”. Ora il testo del ddl torna al Senato e poi dovrà incassare di nuovo la doppia approvazione di entrambe le Camere.

Un Paese più semplice e più giusto” il tweet del premier Renzi subito dopo il voto. Adriana Masotti ha chiesto al prof. Enzo Balboni, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico all’Università Cattolica di Milano di commentare, innanzi tutto, il quadro politico che oggi è emerso:

R. – Io mi limito a dire che c’è un profondo rammarico – e per un costituzionalista è un dispiacere – per il fatto che mentre il testo della costituzione nel ’47 venne approvato dal 90% dei membri del parlamento, adesso constatiamo che è diventato un pezzo di lotta politica. Non è un bello spettacolo. Probabilmente i tempi che viviamo e la necessità - che Renzi ha dichiarato in modo molto netto - di arrivare a un cambiamento visibile, hanno portato questo risultato che oggettivamente non è bello, anche se può darsi che sia necessario.

D. – Allora, entriamo adesso nel contenuto del ddl. Qual è il suo parere complessivo?

R. – Ma, sono molti gli articoli che vengono modificati. Finisce, finalmente, questo bicameralismo perfetto e paritario per cui la seconda Camera riproduceva esattamente il percorso della prima facendo anche perdere tempo. Si è fatto accentrando tutti i poteri politici alla Camera, solo lei potrà dare la fiducia al governo. Il Senato diventa un Senato espressivo prevalentemente delle regioni: 95 persone, 21 di loro saranno anche sindaci, più 5 che saranno nominati dal presidente della Repubblica per sette anni e non più a vita. Questa non è proprio una bellissima composizione; anche sui poteri e sulle competenze si poteva fare di meglio. Una cosa importante è che il governo, che viene sempre attaccato perché fa troppi decreti legge, ha chiesto e ottenuto che, su alcune materie, la Camera si pronunci entro 60 giorni. Altra cosa positiva che c’è è che aumenta dal quarto scrutinio in poi il numero dei voti richiesti per essere eletti presidente della Repubblica. Insomma, ci sono luci ed ombre, direi, complessivamente, dal punto di vista contenutistico e del metodo, però arrivo a dire che questo non è uno scivolamento verso la dittatura o la deriva autoritaria... Chi solleva queste critiche fa qualcosa di eccessivo.

D. – Dopo il voto di oggi ci sarà un altro voto al Senato…

R. – L’iter è ancora lungo, il che vuol dire che questo testo, che ormai diventa quello pressoché definitivo, deve ritornare al Senato per una nuova conferma. Dopodiché, a distanza di almeno tre mesi, ci sarà di nuovo un passaggio alla Camera e di nuovo un passaggio al Senato.

D. – Però, alla fine di tutto questo percorso parlamentare ci sarà anche il referendum

R. – Referendum che a questo punto ha cambiato faccia, perché avrebbe dovuto essere il referendum contestativo, di quelli che non sono d’accordo sul contenuto della riforma, ma diventerà un referendum approvativo: chiederà al popolo italiano di dire sì o no alla riforma della costituzione: chiaramente sarebbe un sì o un no al governo Renzi. Un referendum non è di per sé una grande garanzia, rispetto al contenuto; il contenuto sarebbe stato meglio se fosse stato dibattuto con più ampiezza e più serenità, più tempo, ma questo non è accaduto, ormai facciamocene una ragione.

D. – Per chiudere una curiosità: ma anche negli altri Paesi europei è così faticoso cambiare gli assetti dello Stato?

R. – Negli altri Paesi europei non c’è la doppia lettura e quindi c’è un iter più semplificato. Un iter altrettanto lungo e aggravato c’è negli Stati Uniti. Noi abbiamo un procedimento molto lento e aggravato a meno che non ci sia il consenso; tante cose le abbiamo approvate nei decenni precedenti con la maggioranza dei due terzi, quindi senza referendum. Adesso, da quando purtroppo anche il testo  costituzionale è diventato materia di lotta politica quotidiana, questo non accade più.








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