2015-03-11 14:38:00

Onu: dibattito a Ginevra su libertà religiosa e di espressione


Esistono violenze commesse "in nome della religione" e questo può portare a massicce violazioni dei diritti umani, compresa la libertà di religione o di credo. Questo è il tema centrale dell’intervento di Heiner Bielefeldt, relatore speciale sulla libertà di religione o di credo oggi durante la 28.ma sessione del Consiglio dei diritti umani a Ginevra. Gabriele Beltrami:

Il lavoro svolto dal relatore speciale affronta un tema politicamente esplosivo, rispondendo agli eventi drammatici in Medio Oriente e in Nord Africa. Il rapporto è in realtà un atto di accusa contro gli Stati che, implicitamente o esplicitamente, appoggiano violenze commesse in nome della religione, le tollerano sul loro territorio o ne hanno istituzionalizzato, anche, il funzionamento. L’Arabia Saudita, ad esempio – ha affermato Bielefeldt – non differisce in questo senso dallo “Stato islamico”, per il fatto di essere uno Stato dove la violenza religiosa verso altre fedi è un fatto noto. Il relatore speciale chiede che sia riconosciuta la complessità di ogni violenza in nome della religione; egli ha ribadito che le religioni non sono violente di per sé, ma possono diventarlo in determinate circostanze. Rifiutare tale idea vuol dire commettere un errore di interpretazione o una manipolazione esterna. La responsabilità ricade però anche sugli Stati che, tollerando tali atti, si rendono complici, così come quelle autorità religiose che non si oppongono, i media che li trasmettono e incoraggiano, i gruppi armati che li commettono, la comunità internazionale – garante del diritto internazionale e dei diritti umani – che si fregia di essere in grado di prevenire la violenza in nome della religione. L’analisi dettagliata delle cause di questo tipo di violenza è stata però l’essenza del rapporto. Si tratta infatti di gruppi armati terroristici barbari o della strumentalizzazione della religione per fini di potere o politici; altre volte si tratta di politiche di esclusione etnica o religiosa, oppure della mancanza di uno Stato di diritto che garantisca pace e stabilità ed eviti l’emergere forme di radicalizzazione religiosa. Altre cause però risiedono nella mancanza di istruzione, della quale approfitta l’irrazionalità della violenza religiosa o nei media stessi che si trasformano in vettori di violenza. Infine, le autorità religiose e politiche che non condannano le barbarie commesse in nome della religione, complici nel promuovere e far crescere tali atti violenza.

La posizione della Santa Sede riguardo a questo tema è stata espressa, sempre oggi, da mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente presso le Nazioni Unite a Ginevra:

R. – La sessione attuale del Consiglio dei diritti umani affronta, tra le altre questioni, in modo particolare quella della libertà di religione e della libertà di espressione. I punti fermi sui quali la Santa Sede si è espressa sono soprattutto la responsabilità nell’utilizzare la libertà di espressione, in modo che si prenda coscienza delle conseguenze delle posizioni che si affermano, per non creare problemi inutili. Per esempio, quando si parla della libertà di espressione attaccando una religione o il modo di vivere di una cultura o di un popolo, dobbiamo sempre tenere presente che più importante della stessa religione e della cultura sono le persone, per cui dobbiamo sempre rispettare l’identità di queste persone, in modo che non vengano offese nelle loro credenze più preziose e in quello che costituisce il nucleo centrale della loro vita interiore, sulla quale prendono le decisioni fondamentali della loro esistenza.

D. - Quali tra le altre delegazioni appoggiano la Santa Sede su un tema complesso anche dal punto di vista politico, come lo ha definito il relatore speciale Bielefeldt?

R. – Vari Paesi si sono allineati, inclusi i Paesi dell’Europa come la Spagna, la Francia, la Germania; abbiamo infatti previsto assieme a Paesi come il Libano, la Russia, il Perù e una varietà di nazioni di vari continenti, di introdurre una dichiarazione congiunta sul tema della protezione dei cristiani nel Medio Oriente. Questo è un fatto nuovo che rafforza la linea che abbiamo sostenuto in tutti questi anni di crisi nel Medio Oriente, specialmente le difficoltà che le comunità cristiane e le comunità di religioni diverse devono affrontare in Siria. Si sta camminando verso la creazione di una coscienza pubblica, che veda nel dialogo, nel rispetto delle persone, nel negoziato la strada per cercare di arrivare ad una soluzione dei problemi.

D. - Sono previsti eventi sulla stessa tematica a margine di questa sessione del Consiglio?

R. – Il tema della libertà di religione e della libertà di espressione, che sono due diritti fondamentali che si devono in qualche modo integrare ed equilibrare, sono anche il soggetto di un evento parallelo al Consiglio dei diritti umani che si terrà in questi giorni, e che coinvolge il relatore speciale Bielefeldt, che tratta appunto questa questione, ed è sponsorizzato dal Sovrano Militare Ordine di Malta e dalla Santa Sede. Di fatto, con l’Ordine di Malta lavoriamo spesso insieme in convergenza di obiettivi, per cercare di sensibilizzare sempre più la comunità internazionale, soprattutto qui a Ginevra, sui valori cristiani e i valori fondamentali che poi regolano i rapporti tra le varie comunità umane.








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