2015-03-12 19:30:00

Is usa bombe al cloro in Iraq. Onu: azioni decisive in Siria


I gruppi jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is) stanno usando bombe al cloro nei loro attacchi in Iraq. Lo rivelano fonti ufficiali di Baghdad. L’Onu intanto chiede “azioni decisive” per porre fine a quattro anni di guerra in Siria e denuncia le gravissime condizioni di profughi e rifugiati. Il servizio di Giada Aquilino:

Il sospetto sull'uso di gas clorino da parte dei miliziani dell’Is in Iraq rimbalza già dall'anno scorso, ma solo ora arriva una conferma ufficiale dalle autorità irachene sulla base di alcuni filmati della Bbc, disponibili sul sito dell'emittente, in cui è visibile il caratteristico fumo arancione.

Le bombe al cloro, secondo Haider Taher del nucleo artificieri di Baghdad, vengono fabbricate artificialmente e il gas che emanano è particolarmente tossico, perché brucia i polmoni quando viene inalato in grandi quantità.

In queste ore continua la battaglia a Tikrit, città natale di Saddam Hussein: le forze governative e le milizie sciite, entrate ieri nei quartieri periferici, continuano a scontrarsi contro i guerriglieri dell’Is per cercare di aprirsi la strada verso il centro, mentre i jihadisti si difendono con i cecchini, a colpi di mortaio e con autobomba. Secondo il ministro della Difesa iracheno, Khaled al Obeidi, i lealisti dovrebbero riuscire ad impadronirsi della città entro tre o quattro giorni. Gli Stati Uniti avrebbero chiesto al governo tre giorni di cessate il fuoco per consentire lo sgombero dei civili rimasti nella zona.

A Mosul, secondo l’agenzia Fides, i miliziani hanno devastato la facciata dell'antico monastero di San Giorgio, ma la chiesa è ancora in piedi, contrariamente alle voci sulla stampa.

“Azioni decisive” per porre fine a quattro anni di guerra civile in Siria sono state intanto invocate dal segretario generale dell’Onu, Ban ki-moon: davanti al Consiglio di Sicurezza ha detto che il popolo siriano si sente oggi “abbandonato dal mondo”. L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, Antonio Guterres, a Ginevra ha poi denunciato che "i risparmi dei rifugiati siriani sono ormai esauriti e sempre più persone si trovano costrette a chiedere l'elemosina, a offrire prestazioni sessuali” in cambio di denaro e “a far lavorare i minori”.

Dalla Turchia arriva la notizia dell’arresto di un agente dei servizi segreti di un Paese membro della coalizione internazionale - non europeo e nemmeno statunitense - che avrebbe aiutato tre adolescenti britanniche ad unirsi all’Is in Siria.

 

A Tikrit, dunque, soldati governativi e miliziani sciiti sono entrati nella città che da molte settimane costituisce la roccaforte del sedicente Stato islamico. Capitale della provincia di Salahuddin e città natale di Saddam Hussein, Tikrit si trova sulla strada che collega la capitale a Mosul. In Siria, invece, sono i jihadisti dell’Is a guidare l’avanzata nel nordest. Ma si può parlare di inversione di tendenza, dopo mesi e mesi di vittorie dell’Is? Fausta Speranza lo ha chiesto a Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica:

R.  – Quello che si può dire è che lo Stato islamico inizia a pagare per il suo stesso successo iniziale, travolgente, dello scorso anno. Avendo occupato un territorio molto vasto si è messo contro molti nemici e si è trovato in una situazione più difficile. E’ passato dalla flessibilità che gli permetteva la guerriglia, al dover difendere in modo fisso e in modo più rigido i territori conquistati. Nello stesso tempo, il fronte dei suoi anniversari si è allargato e ha iniziato a prendere misure contro le formazioni jihadiste e quindi abbiamo, sia in Iraq che in Siria, una serie di attori ostili allo Stato islamico che hanno raffinato le loro tattiche e le loro strategie, che stanno cercando adesso di sfruttare il fatto che lo Stato islamico sia preso fra troppi fronti.

D.  – Ricordiamo chi sia questa coalizione: in Iraq e in Siria, le componenti sono diverse…

R. – Sì. Diciamo che il fronte ostile allo Stato islamico è un fronte molto variopinto, è una delle coalizioni più improbabili che io abbia mai visto. In Iraq, oltre alle forze nazionali irachene, sostenute sia dagli americani sia dai loro arci-nemici iraniani, ci sono poi le milizie sciite, ci sono le forze dei peshmerga curdi, che hanno tutti obiettivi differenti ma che sono tutti ostili allo Stato islamico. Contro Is vi sono poi, anche se in modo molto svagato, bombardamenti delle monarchie arabe del Golfo che in realtà hanno enormi responsabilità nell’aver sostenuto e cresciuto il fondamentalismo più violento sunnita, ma che poi come tradizione gli è scappato di mano e oggi sono su un fronte anti-Stato islamico, anche se sono ancora più ferocemente ostili all’Iran e alle milizie sciite. In Siria, anche lì, il fronte è estremamente variopinto. Lo Stato islamico combatte contro i curdi, combatte contro le forze regolari, contro Hezbollah, subisce gli attacchi anche lì molto svagati della coalizione internazionale, ma allo stesso tempo combatte contro le altre opposizioni ad Assad e anche contro le altre milizie jihadiste, perché ha cercato di togliere lo spazio a tutte le altre opposizioni. Quindi, è una guerra molto più complicata in cui si intrecciano anche i traffici illeciti e gli interessi economici di bande criminali.

D. – Sappiamo di consiglieri militari iraniani. Che dire, professore?

R. – L’Iran ha avuto un ruolo fortissimo nel sostenere le Forze armate irachene, sia coordinandone l’attività, sia sostenendole con le milizie sciite. L’Iraq è stato consegnato in buona parte all’Iran, già da anni, per via di due decisioni catastrofiche: da un lato, c’è stato l’intervento angloamericano, nel 2003, che ha abbattuto Saddam Hussein e che poi non è stato in grado di gestire il dopoguerra. Dall’altro lato, il rifiuto delle monarchie arabe nel riconoscere il nuovo Iraq. Un Iraq in cui la maggioranza della popolazione è sciita e quindi era evidente che il governo fosse sciita, ma sono sciiti arabi: il non aver riconosciuto agli sciiti il loro ruolo guida ha spinto gli arabi sciiti dell’Iraq nelle braccia dell’Iran.








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