2015-03-17 13:51:00

Mali. Salta accordo tra Tuareg e Bamako. Serra: nodo Azawad


Dopo giorni di consultazioni, i ribelli Tuareg del Mali hanno rifiutato l’accordo che era stato raggiunto ad Algeri i primi di marzo con il governo di Bamako grazie alla mediazione internazionale: una sonora sconfitta dopo otto mesi di colloqui. Al microfono di Roberta Barbi, il prof. Luigi Serra, docente all’Università Orientale di Napoli, ci spiega perché è accaduto:

R. – Rimane l’assunto della "bella" sconfitta, nel senso di “pesante”. Non era immaginata, forse addirittura neanche immaginabile. Perché? Perché probabilmente hanno avuto peso sulle scelte dei Tuareg i vecchi "desiderata" che s’innestano nel Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad: questo sogno ormai infinito, lunghissimo, dei Tuareg di riappropriarsi di una loro propria identità culturale, linguistica, socioeconomica. Cosa può avere risvegliato questi "desiderata" è rilevabile nello stato complessivo delle cose politiche, socioeconomiche e soprattutto belliche. In questo quadro tragico, confusionario, d’inaffidabilità politica e d’incapacità istituzionale, chicchessia si proclami reggente delle istituzioni in un’area qualsiasi di questo grande scenario, probabilmente ha incoraggiato i Tuareg a non legarsi le mani in un accordo definito.

D. – Uno dei punti cruciali di disaccordo sembra essere l’indipendenza del Nord, nella regione dell’Azawad, che dichiarò unilateralmente l’indipendenza nel 2012, ma vi rinunciò nel 2013…

R. – Al momento, noi possiamo esprimere solo voti, auspici, che questa regione diventi autonoma, se questo risultato può dare un incoraggiamento alla pace e alla stabilità complessiva dell’area. O che maturino avvenimenti, scelte, orientamenti di natura geopolitica innovatori, sotto l’egida delle Nazioni Unite, e capaci di assimilare all’interno di questa prospettiva unitaria, tacitando sia le attese del Nord della regione sia le proposte e la conduzione da parte del Sud del Paese.

D. – Sappiamo che i Tuareg sono islamici, ma non fondamentalisti. Invece, recentemente il Paese è stato teatro di attacchi terroristici jihadisti. Possiamo dire che l’Is abbia degli obiettivi anche da queste parti?

R. – È fuor di dubbio. E' esattamente questo lo spiraglio negativo cui bisogna guardare, perché attraverso di esso si può veicolare un’influenza fortissima, pesante, condizionatrice poi dei destini futuri da parte dell’Is. I Tuareg sono musulmani direi “tiepidi”. Questa loro “tiepidezza” a fronte dell’Islam, e quindi la loro non disponibilità al fondamentalismo e conseguentemente agli esiti terroristici, li rende probabilmente fini osservatori del fenomeno terroristico che s’insinua nelle loro aree e li spinge a gestirlo con strategie comuni politiche. Salvo vedere se poi queste strategie politiche si possano risolvere in accordi, sostegni, collateralità o altro, e se finiranno per fare il loro bene dal punto di vista della realizzazione delle aspirazioni indipendentiste.

D. – Visto l’accordo saltato, l’Unione Europea invierà domani a Kidal una delegazione di diplomatici per vedere se si può ricucire. Secondo lei, ci riuscirà?

R. – Non ho nessuna fiducia nella riuscita di queste ulteriori rappresentanze diplomatiche che non sanno risolvere, teoricamente prima ancora che materialmente, con schemi di accordo definiti e unanimi, i problemi delle aree africane e mediorientali. C’è grande confusione in genere sul piano delle iniziative, delle proposte e delle intenzioni occidentali ed europee, che dipende dal fatto che non si ha ancora una coscienza politica rispettosa delle situazioni culturali e socioeconomiche di quei Paesi.








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