2015-03-17 08:17:00

Siria: smentita l'apertura degli USA verso Bashar al Assad


Polemiche, sul fronte siriano dopo le dichiarazioni, ieri, del segretario di Stato americano  Kerry sulla necessità di aprire un dialogo con Damasco “per cercare una soluzione politica alla guerra civile”. Ma in serata la portavoce del Dipartimento precisa: nessun cambiamento da parte degli Usa nei confronti di al Assad. Adriana Masotti:

Nulla è cambiato rispetto al rifiuto di Washington di negoziare con Bashar al Assad. A precisarlo, dopo le dichiarazioni rilasciate ieri dal segretario di stato americano John Kerry, è la portavoce del Dipartimento di Stato, Jen Psaki, che parla di "confusione". In un’intervista con la ‘Cbs’, il capo della diplomazia Usa aveva evocato la necessità di “negoziare” con il presidente siriano, anche di fronte all’offensiva del sedicente Stato Islamico. Washington, ha chiarito Psaki, ha sempre puntato alla presenza di rappresentanti di entrambe le parti - governo ed opposizione - in una transizione politica, ma non ha mai ritenuto che si dovesse intendere lo stesso Assad. La portavoce ha sottolineato che il presidente siriano "ha ucciso decine di  migliaia di persone tra la sua stessa gente e non ha il diritto di svolgere un ruolo nel futuro del suo paese". Turchia e Francia avevano subito respinto l’ipotesi ventilata da Kerry. Frenata anche da parte dell’Ue: secondo l' Alto rappresentante della politica estera Mogherini, occorre coinvolgere tutte le parti e quindi "rappresentanti del regime", ma non il presidente che, "come conseguenza delle sue azioni", dice "non puo' essere un partner nella lotta contro l'Isis". Lo stesso al Assad, scettico, aveva osservato : "Stiamo sentendo delle dichiarazioni, ma dobbiamo aspettare le azioni, e poi decideremo".  Se, dunque, non è possibile parlare di cambiamento, come leggere le parole di Kerry? Al microfono di Giada Aquilino, Dario Fabbri, consigliere redazionale della rivista di geopolitica ‘Limes’:

R. – Come una presa di coscienza del fatto che, dopo aver sostenuto almeno nelle primissime fasi della rivoluzione siriana, quindi tra il 2011 e il 2012, l’opposizione in maniera massiccia, poi a Washington ci si è resi conto che dall’opposizione poteva nascere per così dire un male ben maggiore rispetto al sanguinario regime di Damasco, oltre a una formazione come quella dello Stato Islamico, che era già nata ampiamente, con il conseguente caos nel Paese. Quindi, è chiaro che le priorità rispetto al 2011 e al 2012 sono nettamente cambiate.








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