2015-03-18 14:02:00

Boko Haram: profughi in Camerun, servono alimenti e vaccini


Parla di “attacco finale” agli estremisti islamici di Boko Haram il governo della Nigeria, alla vigilia delle legislative e presidenziali nel Paese africano, spostate dal 14 febbraio al prossimo 28 marzo proprio a causa dei continui attacchi dei miliziani e della conseguente offensiva delle truppe di Abuja, appoggiate da quelle di Camerun, Ciad e Niger. Riconquistata dai militari la città di Bama, nello Stato di Borno. Mentre ai vescovi nigeriani è giunta in questi giorni la lettera di Papa Francesco, in cui di fronte alla violenza esorta ad andare avanti sulla via della pace “senza scoraggiamenti”, proprio dalla zona al confine tra Nigeria e Camerun arriva un nuovo allarme profughi, in particolare a Fotokol. Ce ne parla fratel Fabio Mussi, missionario laico del Pime, coordinatore della Caritas della diocesi di Yagoua, in Camerun. L’intervista è di Giada Aquilino:

R. - La situazione è diventata più grave del previsto, perché c’è stato un grosso cambiamento nella strategia delle forze della coalizione. Da una settimana, il contingente delle forze armate del Ciad, che era in Nigeria per cercare di fermare l’avanzata di Boko Haram, è rientrato in Camerun su richiesta del presidente della Nigeria, perché dice che per il momento bisogna arrestare un po’ questa campagna in quanto ci saranno le elezioni tra circa due settimane. Quindi, il fatto che i ciadiani siano rientrati dalla loro missione ha permesso agli islamisti di Boko Haram di riprendere con più forza il territorio. E la popolazione che si trovava ancora nella zona di confine si è riversata in Camerun.

D. - Si parla di questa nuova ondata di profughi: ci sono dei numeri?

R. – Per Fotokol, si tratta di oltre 11.200 persone, che si sono aggiunte alle 4.000 che erano già sul posto.

D. – Quali sono le emergenze?

R. – Le emergenze sono legate in primo luogo agli alimenti. Attualmente siamo nel periodo tra una coltura e l’altra. Quindi, oltre al fatto di essere in guerra, il cibo scarseggia. In secondo luogo, c’è un’emergenza sanitaria, perché abbiamo visto molti bambini denutriti: su 11.200 persone, oltre 5.300 sono piccoli al di sotto dei 10 anni.

D. – Che tipo di assistenza state fornendo?

R. – Abbiamo iniziato a portare degli alimenti per tutta la popolazione. Abbiamo inviato più di 30 tonnellate di mais; abbiamo preparato uno stock per la cura di circa 200 bambini malnutriti. E, dato che ci troviamo al momento nella stagione secca, con un vento che viene dal deserto, tutti i nostri esperti dicono che, se non interveniamo con delle vaccinazioni contro la meningite, si rischia un’epidemia. Quindi abbiamo portato circa 5.000 dosi per una prima fase di vaccinazioni contro la meningite, soprattutto per i bambini e per le persone malate.

D. - Voi avete notato che tra queste persone ci sono moltissimi bambini, donne e anziani, ma pochi uomini e giovani: perché?

R. – Non si capisce bene se gli uomini stiano combattendo dall’altra parte con i Boko Haram, siano fuggiti o siano stati uccisi.

D. – Tra l’altro, sono stati denunciati dei traffici di armi…

R. – Sì. Posso dire che eravamo sul posto dove c’erano questi profughi venuti dalla Nigeria e in alcuni bagagli di donne che arrivavano sono state ritrovate delle armi: questo ha provocato un’agitazione enorme da parte delle forze armate camerunesi e un irrigidimento nei controlli. Purtroppo in questa tragedia si verificano anche queste situazioni paradossali.

D. – Il Papa ha scritto ai vescovi nigeriani citando le nuove e violente forme di estremismo e di fondamentalismo, ma anche l’impegno della Chiesa della Nigeria al fianco di chi ha bisogno. Ha esortato i presuli e quindi tutti quelli impegnati per la crisi nigeriana ad andare avanti sulla via della pace senza scoraggiamenti. In che condizioni operate voi in Camerun, ma anche i vostri fratelli in Nigeria?

R. – Qui in Camerun possiamo dire che non abbiamo grosse difficoltà, se non di tipo logistico. Il problema è sicuramente quello di lavorare in profondità sulle persone che cercano di costruire la pace. C’è anche un’emergenza di coscienze da ricostruire e penso che le parole e le indicazioni del Papa siano più che giuste in questa situazione. Qui nella nostra regione, a Maroua, è in corso una buona iniziativa. Con l’associazione ‘Acadir’ che raggruppa musulmani e cristiani si cerca di dialogare, per la pace. E’ un primo passo che viene fatto in città, bisognerà farlo anche nelle zone rurali e soprattutto nelle aree che sono colpite direttamente.








All the contents on this site are copyrighted ©.