2015-03-18 14:26:00

Mons. Tomasi: garantire l'istruzione ai bambini siriani


In Siria, a quattro anni dall’inizio del conflitto, sono oltre cinque milioni i bambini sfollati e altri due milioni quelli profughi oltre confine, su un totale di quattro milioni di siriani rifugiati nei Paesi limitrofi. Secondo l'Unicef, i minori morti sono più di 10 mila e dimezzate risultano nel Paese le iscrizioni alle scuole elementari. Il numero delle persone bisognose di aiuti urgenti è raddoppiato in un anno. Gabriele Beltrami ha intervistato mons. Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso gli uffici Onu di Ginevra:

R. – La situazione in Medio Oriente continua ad essere critica. La violenza è l’espressione quotidiana delle ostilità che continuano in questa regione. La situazione peggiore continua nel nord dell’Iraq e in Siria, dove i combattimenti sono più aspri e sistematici.

D. – I minori e le loro famiglie sono fra i più colpiti. Quali iniziative dovrebbe mettere in atto la comunità internazionale per loro?

R. – Vittime di questi combattimenti sono le famiglie, che vengono separate o distrutte, e molti bambini. Infatti, nei campi profughi del Medio Oriente metà della popolazione è costituita da bambini e questi hanno bisogno di essere protetti in modo particolare, perché sono il futuro della società. Fra le misure che si dovrebbero prendere, bisogna soprattutto cominciare a registrare questi bambini quando nascono, in modo che abbiano una posizione legale nella società. Queste misure dovrebbero essere prese in maniera concreta, facilitando il processo di registrazione attraverso l’eliminazione di tasse, provvedendo con uffici particolari e aiutando con persone specializzate a contattare queste famiglie. Anche l’educazione dei bambini è un problema grosso: solo in Siria sono state distrutte più di cinquemila scuole e nella zona controllata dal cosiddetto Stato islamico abbiamo una distruzione sistematica delle scuole per impedire l’educazione dei bambini e farli crescere in un contesto di fanatismo, che poi li porta ad essere addirittura dei “suicide bombers”, cioè dei bambini che, imbottiti di esplosivo, vengono mandati ad attaccare degli obiettivi militari. Quindi, quello che si deve continuare a difendere è la protezione dei diritti dei bambini, ma anche di tutti i membri delle loro famiglie. E in questo senso la comunità internazionale ha la responsabilità di fare in modo di facilitare il raggiungimento della pace, attraverso una volontà politica di incontri, di dialogo, di coordinazione. E poi, se questo non è possibile, bisogna trovare altre forme più energiche, più forti, attraverso le strutture della comunità internazionale - come le Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza - per poter arrivare a difenderli da questa specie di genocidio che continua in tutta la regione.








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