2015-03-20 19:58:00

Le dimissioni di Lupi: lascio a testa alta, non sono indagato


Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi ha formalizzato nel pomeriggio a Palazzo Chigi le sue dimissioni. In precedenza era stato ricevuto al Quirinale dal capo dello Stato Mattarella. Lupi in mattinata aveva confermato la sua decisione in aula alla Camera in occasione dell’informativa sull’inchiesta della Procura di Firenze che riguarda tangenti per grandi opere. Il premier Renzi ha assuno l’interim del dicastero. Servizio di Giampiero Guadagni.

Dopo avere annunciato ieri il passo indietro ieri sera in tv, Maurizio Lupi ha dunque confermato a Montecitorio le dimissioni difendendo il proprio operato come ministro delle Infrastrutture. Il lavoro di questi 22 mesi non può essere cancellato in tre giorni, me ne vado a testa alta, ha detto Lupi, che ha poi puntualizzato: non chiedo garantismo perché dai pm non c'è alcuna accusa nei mie confronti. Lupi, ricordiamo, non è indagato dalla procura di Firenze ma il suo nome compare più volte nelle carte dell’inchiesta per favori ottenuti da moglie e figlio. Mai fatto pressioni, ha assicurato il ministro dimissionario, che ha parlato in un’Aula semivuota. Forza Italia e Nuovo centrodestra hanno parlato di linciaggio mediatico nei confronti di Lupi, attaccato duramente dal Movimento 5 Stelle. Mentre la Lega rivolge le sue critiche soprattutto a Renzi ed Alfano per la gestione della vicenda. Da parte sua Renzi afferma: il mio governo è sempre garantista, quella di Lupi è una scelta politica degna. Renzi assicura poi che non ci saranno conseguenze sulla tenuta dell'esecutivo. Il premier prenderà l’interim del dicastero ma fa sapere che il successore di Lupi sarà scelto in pochi giorni. Tra le ipotesi c'è quella del presidente della commissione anticorruzione Raffaele Cantone.

Sulle dimissioni di Lupi, Eugenio Bonanata ha raccolto il commento del presidente dell'Istituto Sturzo, Nicola Antonetti:

R. - Le dimissioni sono sempre un fatto triste. Poi tra l’altro Lupi è sempre stato una persona di livello, una persona capace, che esprimeva un mondo ‘lombardo’ importante. Certo che da quello che è emerso, per la responsabilità alta che ha, fa molto bene a dimettersi, sia per potersi difendere meglio, per difendere il suo partito e l’onorabilità della sua famiglia.

D. – Secondo lei qual è il significato di questo gesto?

R. - L’Italia si trova già in posto basso nelle graduatorie sui livelli di corruzione nei singoli Paesi. Però va anche detto che se il corpo reagisce ancora, cioè se in qualche modo gli scandali vengono fuori, vuol dire che il corpo sociale e politico ha ancora una sua capacità di reazione. Questo al di là degli esiti che avranno poi le inchieste. Io credo che ci sia un profondissimo problema culturale in questo Paese, dove la legalità è sempre stata messa un po’ in disparte rispetto alla velocizzazione dei processi, degli interessi non propriamente pubblici. Quello che, secondo me, è ancora più difficile, e che in verità è un difetto che per noi sta diventando veramente troppo pesante, è il fatto che in Italia ancora non è emersa una cultura del pubblico. Cioè noi – ciascuno di noi - non riusciamo a dimensionare bene ciò che appartiene alla nostra sfera e ciò che appartiene alla sfera di tutti. Questo è un segno di fallimento delle grandi agenzie educative di questo Paese come i partiti, i sindacati, la scuola. Se non si parte questo, il compito spetterà solamente alla magistratura. Secondo me è un’operazione che richiederebbe un impegno collettivo del Paese al di là delle realizzazioni immeditate della sopravvivenza in cui siamo coinvolti, noi come tanti altri paesi.

D. – Dopo due anni di attesa si muove qualcosa relativamente al ddl anticorruzione. Cosa c’è da aspettarsi su questo fronte?

R. – Tolta l’attenuazione su falso in bilancio e recuperata una volontà comune di uscire dalla malattia di prendere insieme una medicina che ci faccia star meglio, questo decreto rappresenta la via che secondo me va perseguita che spero venga perseguita. Avendo in mente una cosa, e questo è un altro difetto strutturale di questo Paese: dobbiamo diventare molto più empirici in Italia, cioè capire che le leggi trovano la loro efficacia in determinati periodi di tempo e che se non funzionano bene bisogna essere capaci di cambiarle. E questo vale soprattutto su una materia così delicata come quella della lotta alla corruzione sulla quale si ragiona da anni. Il provvedimento non sarà sicuramente un decalogo ma una serie di compromessi. La vera novità potrebbe essere la disponibilità del governo e quindi soprattutto del parlamento di essere pronto a modificarlo se ci saranno delle cose che non funzionano.








All the contents on this site are copyrighted ©.