2015-03-20 16:00:00

Lupi si dimette: "Contro di me accuse immotivate"


"Contro di me accuse strumentali e immotivate, lascio a testa alta": così il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, annuncia le sue dimissioni alla Camera in seguito al suo coinvolgimento nell'inchiesta sulle tangenti per le 'grandi opere' a causa di presunti favori chiesti per il figlio. “Non devo difendermi – ha affermato – non ho ricevuto alcun avviso di garanzia”. Per il premier Renzi si tratta di un gesto di grande dignità e sensibilità. Sulle dimissioni di Lupi, Eugenio Bonanata ha raccolto il commento del presidente dell'Istituto Sturzo, Nicola Antonetti:

R. - Le dimissioni sono sempre un fatto triste. Poi tra l’altro Lupi è sempre stato una persona di livello, una persona capace, che esprimeva un mondo ‘lombardo’ importante. Certo che da quello che è emerso, per la responsabilità alta che ha, fa molto bene a dimettersi, sia per potersi difendere meglio, per difendere il suo partito e l’onorabilità della sua famiglia.

D. – Secondo lei qual è il significato di questo gesto?

R. - L’Italia si trova già in posto basso nelle graduatorie sui livelli di corruzione nei singoli Paesi. Però va anche detto che se il corpo reagisce ancora, cioè se in qualche modo gli scandali vengono fuori, vuol dire che il corpo sociale e politico ha ancora una sua capacità di reazione. Questo al di là degli esiti che avranno poi le inchieste. Io credo che ci sia un profondissimo problema culturale in questo Paese, dove la legalità è sempre stata messa un po’ in disparte rispetto alla velocizzazione dei processi, degli interessi non propriamente pubblici. Quello che, secondo me, è ancora più difficile, e che in verità è un difetto che per noi sta diventando veramente troppo pesante, è il fatto che in Italia ancora non è emersa una cultura del pubblico. Cioè noi – ciascuno di noi - non riusciamo a dimensionare bene ciò che appartiene alla nostra sfera e ciò che appartiene alla sfera di tutti. Questo è un segno di fallimento delle grandi agenzie educative di questo Paese come i partiti, i sindacati, la scuola. Se non si parte questo, il compito spetterà solamente alla magistratura. Secondo me è un’operazione che richiederebbe un impegno collettivo del Paese al di là delle realizzazioni immeditate della sopravvivenza in cui siamo coinvolti, noi come tanti altri paesi.

D. – Dopo due anni di attesa si muove qualcosa relativamente al ddl anticorruzione. Cosa c’è da aspettarsi su questo fronte?

R. – Tolta l’attenuazione su falso in bilancio e recuperata una volontà comune di uscire dalla malattia di prendere insieme una medicina che ci faccia star meglio, questo decreto rappresenta la via che secondo me va perseguita che spero venga perseguita. Avendo in mente una cosa, e questo è un altro difetto strutturale di questo Paese: dobbiamo diventare molto più empirici in Italia, cioè capire che le leggi trovano la loro efficacia in determinati periodi di tempo e che se non funzionano bene bisogna essere capaci di cambiarle. E questo vale soprattutto su una materia così delicata come quella della lotta alla corruzione sulla quale si ragiona da anni. Il provvedimento non sarà sicuramente un decalogo ma una serie di compromessi. La vera novità potrebbe essere la disponibilità del governo e quindi soprattutto del parlamento di essere pronto a modificarlo se ci saranno delle cose che non funzionano.








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