2015-03-21 13:03:00

Giornata Sindrome di Down: eliminare pregiudizi e ignoranza


Aumentare la conoscenza sulla sindrome di Down eliminando pregiudizi e ignoranza. E’ questo l’obiettivo che si pone la Giornata mondiale della sindrome di Down. Ma perché è stata scelta come data il 21 marzo? Anna Zizzi ha intervistato la coordinatrice nazionale dell'Associazione Italiana Persone Down, Anna Contardi:

R.  – La Giornata mondiale della sindrome di Down nasce pochi anni fa dalla necessità di dare una maggiore rilevanza alle persone con sindrome Down. Si è voluta scegliere una data un po’ simbolica perché 21-3 richiama la trisomia 21 e fa, quindi, riferimento alla condizione genetica specifica della sindrome di Down.

D.  – A livello nazionale quali eventi celebrano la giornata della sindrome di Down?

R. – Le manifestazioni sono moltissime. Alcune sono più mirate alla sensibilizzazione del territorio, altre a farne occasione di approfondimento. Inoltre, l’Italia ha aderito a un virtual flash mob europeo perché in tutti i Paesi dell’Unione europea partiranno mail al presidente della Commissione europea per chiedere una maggiore visibilità riguardo gli interventi rivolti alle persone Down e alle persone con disabilità intellettiva in genere.

D.  – L’Italia in tema di sostegno alle persone con sindrome di Down sta facendo abbastanza?

R.  – Sicuramente sul piano legislativo l’Italia è un Paese molto avanzato sia in termini di inclusione scolastica che di inclusione lavorativa. Il problema, come sempre, è l’applicazione effettiva delle leggi. Io credo che oggi i punti di maggiore attenzione per l’Italia dovrebbero essere sicuramente i diritti e le esigenze della popolazione adulta. Infatti, in Italia, il 70 per cento delle persone con sindrome di Down è già maggiorenne, quindi temi come futuro, inteso come lavoro, occupazione e come possibilità di vivere fuori della casa dei propri genitori - cosa che per alcune persone sarà una necessità proprio per l’allungamento della vita, ma per altre persone può essere una scelta - sono sicuramente i temi centrali, anche per questo il Coordown, che è il coordinamento delle associazioni Down, ha coniugato il tema internazionale della famiglia pensandolo proprio come la famiglia possibile per persone con sindrome Down che diventano adulte e che vogliono costruirsi una propria indipendenza e una propria famiglia.

D. – Cosa si può fare di più per rispondere ai bisogni delle persone con sindrome di Down?

R.  – Bisogna intanto ricordarsi che non si tratta di una malattia ma di una condizione genetica e che quindi sono persone come tutti, che come tutti hanno una serie di bisogni che necessitano di una risposta. Questo vuol dire che siamo chiamati tutti a renderci conto della loro presenza. Sono chiamate le istituzioni perché sicuramente, per esempio, gli investimenti sul tema della residenzialità, oggi, nel nostro Paese, sono ancora molto scarsi e anche sul tema dell’inserimento lavorativo si potrebbe fare certamente di più. Ma io credo che siamo chiamati un po’ tutti perché credo che la richiesta che fa la giornata in tutto il mondo sia questa:  accorgetevi che le persone con sindrome Down sono persone.

D.  – Cosa si può fare per agevolare le famiglie che sostengono un parente con sindrome di Down?

R.  – Le famiglie sono le persone più coinvolte perché vivono con il loro figlio, fratello, tutti i giorni della vita. Dal punto di vista legislativo ci sono agevolazioni per le famiglie che mediamente hanno aiutato, nel nostro Paese, la gestione in casa. Probabilmente, si potrebbe fare di più. Ci sono molti genitori che periodicamente richiamano in causa il tema della possibilità di un’anticipazione del momento di andare in pensione come risposta a una convivenza che a volte può essere piuttosto faticosa e al tempo stesso, di nuovo, siamo chiamati tutti a darci una mano.








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