2015-03-21 13:02:00

Libia, raid contro Is che minaccia: Sirte sarà inferno


In Libia il governo di Tobruk lancia l’offensiva aerea contro il sedicente Stato Islamico, per riconquistare Tripoli. Ma giunge immediata la risposta dell’Is che minaccia: faremo l’inferno.L’Onu già ieri aveva definito inaccettabile l’uso delle armi perché compromette la possibilità dei negoziati. Proprio sulla valenza di questa opzione Eugenio Bonanata ha intervistato Domenico Quirico, giornalista del quotidiano La Stampa esperto dell’area:

R. – La situazione libica è di una complessità che credo sfugga qualche volta agli stessi libici: ci sono 300 bande armate, due governi, due Parlamenti, eserciti di varia natura e con vari scopi. Alcuni sono puramente criminali e di accumulazione di denaro, altri di istaurazione di Stati islamici, altri di ricostruzione del Paese … E’ molto difficile orientarsi. Questo significa che pensare di mettere insieme islamisti di Tripoli e governo o Parlamento di Tobruk che odiano questa parte del Paese in modo feroce e assoluto, in più con un regista che sta dietro a tutto questo e che è l’Egitto, mi sembrava e mi sembra ancor più ora assolutamente impossibile.

D. – Quindi, nessuna speranza nei negoziati tra le parti in corso in Marocco?

R. – Credo che, in una situazione come quella libica, a un certo punto uno è purtroppo obbligato a scegliere qualcuno, a scegliere tra gli uni e gli altri, forse il meno peggio o quelli che danno maggiori garanzie. L’idea è di costruire delle coalizioni che servano, poi, per battersi contro quello che è considerato giustamente il nemico principale, cioè il progetto del califfato nella sua estensione territoriale anche in questa parte del mondo mediterraneo, credo sia purtroppo utopistica. Dopo quattro anni di caos e di lotta feroce, selvaggia, di tutti contro tutti, come si fa a cancellare tutto questo da un momento all’altro? Forse perché c’è un pericolo più grande? Ma in realtà, poi, una parte di questa lotta fratricida, con questo pericolo più grande, cioè con le formazioni islamiste radicali, combatte e ha strette alleanze, ed è strettamente collegata. Quindi, riesce molto difficile pensare che si distacchi da tutto questo per passare ad un’altra alleanza.

D. – Come valutare la condotta dell’Europa che, come l’Onu, punta sul dialogo?

R. – Credo che siano poi scelte un po’ obbligate, nel senso che proporre il dialogo è scenograficamente molto efficace, perché appare la via della ragionevolezza, del rifiuto delle decisioni drastiche. Ma in realtà, come sempre quando si ricorre all’Onu, è un modo per guadagnare tempo e non avere la necessità di operare subito. E si spera, secondo un vecchio principio – credo della diplomazia e della politica internazionale – che siano poi i fatti e la realtà che ti aiutino a risolvere i problemi prima che tu debba affrontarli in prima persona. Temo purtroppo che, come per tutto il problema dell’avvento e della crescita dello Stato totalitario islamico, ovvero del califfato, questo non sia possibile e che prima o poi sia necessario prendere decisioni molto pesanti, molto onerose per evitare di essere poi travolti dai fatti.

D. – Cosa dire delle tecniche e della strategia che sta seguendo l’Is in questo momento, con soluzioni di guerriglia che vanno dall’attacco kamikaze ai gruppi armati? Quale è lo scenario?

R. – Questa è – come dire – nella malefica natura del califfato, dell’Is: utilizzare sui vari scacchieri su cui opera la sua strategia globale, diverse forme di penetrazione e di lotta. Porta avanti una guerra, per certi aspetti, tradizionale nel cuore e nel centro di questo progetto, che è il califfato tra Siria e Iraq; e invece sfrutta tecniche di guerriglia in altre zone del mondo, tipo il Sahel e certe parti della Libia; ricorre all’attentato terroristico – Tunisia, tanto per fare un esempio; sfrutta rivalità di tipo etnico-tribale che hanno spesso percentuali di odio assolutamente terrificanti, come avviene nel nord della Nigeria o ad esempio in Somalia o nello Yemen. Allora è purtroppo la straordinaria intelligenza che fa del califfato una cosa sostanzialmente completamente nuova rispetto a quello che era al Qaeda, che invece aveva un’unica nota nel suo spartito che era quella di seminare il terrore con degli attentati. Questi miliziani dell'Is invece hanno una grande varietà di strategie e di tattiche sul terreno. Anzi, su vari terreni perché la loro guerra è globale; è a distanza di migliaia di chilometri da un teatro all’altro; e sanno utilizzarle con estrema duttilità e purtroppo con estrema intelligenza ed efficacia.








All the contents on this site are copyrighted ©.